Spal, riecco il “fanalino”: ma è un Legnago da temere
I veronesi sono ultimi come all’andata, ma non gli stessi. Squadra rivoluzionata nell’organico e nella guida per salvarsi
Nemmeno prima della partita d’andata le rispettive situazioni di classifica sorridevano a Legnago e Spal. Ma nemmeno il più pessimista dei pessimisti avrebbe immaginato che nel match di dopodomani (al “Mazza” start ore 17.30) i biancazzurri si sarebbero andati a giocare una buona fetta della propria sopravvivenza calcistica tra i professionisti, proprio contro la matricola veronese.
La similitudine del pericolo è tuttavia l’unico vero punto in comune tra le due realtà. Anzitutto perché gli umori e la fiducia oggi pendono paradossalmente dalla parte veneta, nonostante il gap (-4). In termini di rosa, poi, il Legnago che arriverà a Ferrara sarà un cliente quasi tutto nuovo da scoprire. Da una parte ci sono la maggior qualità globale, ma anche la tremenda paura di chi ha tutto da perdere. Dall’altra ci sono la modestia tecnica e quella verve agonistica da coltello tra i denti che può ferire l’avversario nel momento più delicato del cammino. Insomma, il Legnago sarà un cliente da prendere con le pinze e a cui mostrare il massimo rispetto, per non commettere un altro passo verso il baratro della serie D.
All’andata i veronesi erano risultati davvero modesti, mentre con poco la Spal aveva fatto tanto. Roboante 0-3 nella gara rinviata alla domenica pomeriggio (17 novembre) a causa della fitta nebbia che nel tardo pomeriggio del sabato aveva avvolto senza sconti visivi il “Mario Sandrini”, popolato da oltre 700 cuori giunti dalla vicina Ferrara. Il Legnago di mister Contini – oggi di Bagatti e ancor prima di Gastaldello – viaggiava come fanalino di coda solitario con soli 8 punti conquistati, dando quella sensazione di sbaraglio generale con certa futura assegnazione dell’ultimo posto, senza margini di manovra. L’altalenante Spal di mister Dossena, invece, era giunta in territorio veronese con 11 punti (14 sul campo), reduce dal successo con il Pineto (primo step del filotto di 9 punti che aveva compreso poi anche la Torres). Lo 0-3 del “Sandrini” aveva portato Antenucci e compagni a +6 da quell’ultima posizione, oggi distante solo 4 gradini (un riferimento resta proprio il Legnago, l’altro è Milan Futuro).
Inevitabile traduzione di match decisivo, visto il diverso periodo stagionale, da punti doppi e da ultima spiaggia, per tentare di evitare il playout, seguendo l’unica via possibile , che contempla il sorpasso alla Lucchese e annesso +9 da piazzare sulla penultima. Difficile pensarlo oggi, nei giorni bui del ritiro di Villafranca e della voluta lontananza dal “G.B. Fabbri”, ma lo spiraglio esiste ancora. Non c’è altra strada.
Nello 0-3 dell’andata erano andati a bersaglio Mignanelli (due volte) e il debuttante Conté, che era risultato anche l’unico cambio di Dossena (in quelle settimane la Spal affrontava le partite con 13-14 effettivi, aggregando quasi sempre più ragazzi dell’under 19 di Pedriali). Rao offrì 90 minuti di estremo spessore (da seconda punta), in totale e opposta fiducia rispetto a questa cupa seconda parte di annata.
I veneti nel proprio undici titolare schieravano tanti nomi che oggi non fanno più parte della rosa, dopo la rivoluzione di gennaio volta a favorire giovani di gamba rispetto a elementi meno mobili e con la carta d’identità delle motivazioni assai avanzata (vedi Martic, finito al Lecco). Sarà comunque sempre un Legnago con la difesa a tre, aggrappato davanti a Svidercovschi, ancora penultimo nella graduatoria riferita al monte ingaggi del girone B (la Spal si trova ai vertici), ultimo in classifica generale per la 31ª volta nelle 33 giornate disputate, ma con gli ultimi risultati (vedi i pareggi contro Lucchese e Torres in trasferta) che tengono vive le speranze di miracolo per la società del presidente Davide Venturato.
Ebbene sì: questo Spal-Legnago di fine marzo somiglia a una specie di playout anticipato. Condizione abbastanza avvilente, ma da affrontare al meglio, magari ripetendo l’exploit dell’andata, per sistemare un minimo le cose. Anche se la strada, poi, sarà ancora lunga e dura.