Donatella è stata aiutata a nascondere le prove
La donna ha avuto un complice che potrebbe rispondere di favoreggiamento Polizia e procura lavorano sulla pista della premeditazione
Non un delitto d’impeto, ma premeditato. Gli inquirenti che indagano sull’omicidio del tossicologo Vincenzo Brunaldi da parte della moglie Donatella Zucchi ipotizzano che la donna abbia preparato l’uccisione del marito. In queste ore inoltre ha preso sempre più corpo la pista di un complice, di una persona che avrebbe aiutato la donna a disfarsi di alcune prove, forse i vestiti, forse il cuscino con cui attutire il colpo di pistola. Sull’identità di questo complice gli inquirenti tengono le bocche cucite, ma la sensazione è quella che abbiano già individuato la pista giusta e che a breve potrebbero esserci significativi sviluppi circa il coinvolgimento nell’inchiesta di un amico della donna per favoreggiamento. La ricostruzione dell’omicidio di via Mafalda Favero si sta facendo sempre più puntuale grazie agli elementi raccolti nel corso dell’interrogatorio della donna in procura e grazie alle dichiarazioni del testimone ascoltato giovedì sera in questura: si tratta della stessa persona che giovedì mattina aveva avvertito la polizia dopo essere stata contattata da Donatella Zucchi la sera precedente. Un testimone che è e resta solo un testimone, ben distinto dall’amico sospettato di aver aiutato, almeno in un primo momento, la donna a nascondere alcune prove. In questa direzione vanno le ricerche compiute anche ieri da parte degli ispettori della squadra mobile che con la collaborazione di Hera hanno passato al setaccio alcuni bidoni della spazzatura alla ricerca di riscontri. Giovedì mattina in un cassonetto di via Favero era stato recuperato il materasso sporco di sangue, ma secondo la traccia seguita da procura e polizia le manovre di occultamento del delitto sarebbero iniziate fin da mercoledì mattina, dopo il colpo di pistola alla nuca con cui Donatella Zucchi ha ucciso il marito nel sonno. La sera prima la coppia aveva litigato e, come ha riferito la donna nell’interrogatorio, c’era scappato uno schiaffo. Dopo una notte trascorsa a rimuginare, il delitto. Ma il rancore, la volontà di eliminare il marito, sospettano gli inquirenti, potrebbe avere avuto una maturazione più lenta, essersi sedimentata nei giorni e nei mesi all’interno di un rapporto che andava progressivamente deteriorandosi. Da qui l’ipotesi della premeditazione, supportata dal fatto che la donna si era procurata un bidone della spazzatura dove aveva cercato di infilare il cadavere avvolto in alcuni sacchi per l’immondizia, si era procurata un telo di plastica e l’aveva già sistemato nel baule dell’auto con guanti e stivali di gomma, aveva comprato le taniche e 40 litri di benzina. In questo quadro si inserisce il complice, una persona che probabilmente in un primo tempo ha accettato di aiutare Donatella e poi forse, spaventato, ha cercato di defilarsi. All’arrivo degli inquirenti, giovedì in via Favero, la donna ha tentato un’ultima disperata difesa, dicendo che il marito era fuori casa. Poi, di fronte all’evidenza, è crollata.
Alessandra Mura