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La maga della danza lancia da Ferrara le nuove stelle italiane

La maga della danza lancia da Ferrara le nuove stelle italiane

Grandi, Trazzi e Rajabu escono dalla scuola di Louise Gard «Per diventare ballerini famosi bisogna essere combattivi»

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Un passo dietro l’altro. Al successo si arriva così. Se i passi sono di danza poi ci si arriva con impegno, sacrifici, perseveranza. E coraggio. Si perché l’Italia è uno di quei paesi in cui, se alla domanda “Cosa fai nella vita?” rispondi con “Io ballo”, il refrain di rito è: “Ma di lavoro?”. È un braccio di ferro continuo fra le convenzioni delle società e la determinazione di chi della danza vuole fare una professione. Ma fra i ballerini che hanno provato la scalata e hanno gridato “vittoria” spuntano dei ferraresi. Alcuni esempi: Antonio Grandi approdato al programma in tv “Compagni di ballo” e all’interno del cast del musical “Ghost”; Laura Fiorini, campionessa a “La Pista” su Rai1; Nicola Trazzi ha interpretato “Mamma mia” e ha preso parte ad un format su Boing; Rajabu Rashidi ballerino performer in tour internazionali; Sandro Franchini diventato ballerino di Beyoncé e Robbie Williams; Annalisa Vancini altra protagonista a “Compagni di ballo”.

Che il talento da solo non basti è un assioma incontrovertibile. Ad allenare questo squadrone di arditi è infatti una bionda londinese che 15 anni fa si è inserita nel tessuto ferrarese divulgando il proprio “verbo” della danza. Si chiama Louise Anne Gard e se ormai i suoi allievi hanno aperto le ali e preso il volo, nessuno di loro, nonostante i molti impegni, rinuncia a tornare alla L.A.G. School of Dance and Musical per condurre stage assieme alla storica insegnante, condividere e raccontare la propria esperienza alle nuove leve.

Louise, cosa pensa dei suoi giovani allievi che adesso lavorano a Milano, Roma, in America, Messico, Egitto, ecc...

«Hanno avuto i loro successi perché li hanno cercati. Come sono solita dire, io ho cercato di metter loro “i grilli per la testa” ma per fare il ballerino serve molto di più, occorre essere combattivi e loro lo sono sempre stati. Inoltre, cosa di non di minore importanza, hanno avuto il supporto dei genitori nell’affrontare l’Accademia».

Ironia della sorte, Louise si era ritrovata in Italia dopo anni di danza moderna e di Accademia, perché una casa discografica cercava coristi di madrelingua inglese per un’opera musicale. Poi da Ferrara non si è più mossa e ha fondato la sua scuola. Qual è la difficoltà maggiore per un insegnante?

«A volte mi capita di vedere insegnanti che si stancano di ricominciare da capo quando un allievo presenta delle lacune. Invece è importante non perdersi d’animo e, se occorre, ripartire da zero».

Sentiamo cosa dicono di Louise i suoi allievi che oggi si sono piazzati sul trampolino di lancio…«Louise ha aperto la nostra mente con diversi stimoli - comincia Nicola Trazzi - ad esempio, lei non è mai stata una ballerina di tango ma ci ha fatto sperimentare anche quello. Abbiamo provato tantissimi generi e questa poliedricità mi ha permesso di superare varie audizioni».

«È un’insegnante che non dà e basta - afferma Antonio Grandi - sa di poter prendere da noi perciò è esigente e severa quando necessario. Non è gelosa del suo lavoro anzi, ci ha sempre spronato a collaborare con altre scuole e realtà».

Per lavorare un ballerino deve davvero esser così “duttile” e saper anche cantare e recitare? «Non è detto - interviene Rajabu -, a New York e in Usa ci sono molti performer che seguono sui palchi i grandi artisti. In Italia esistono molti musical ma io, ad esempio, ho scelto di non percorrere esclusivamente la strada della danza performativa».

Qual è il futuro della danza per Louise? «In Inghilterra esiste una laurea per il ballo. In Italia ancora no. Una scuola come la Mas di Milano a Londra sarebbe considerata una vera e propria laurea. Esistono poi mille aspetti della danza ancora inesplorati. In ambito sociale la si potrebbe applicare alla terapia, all’assistenza per le fasce più deboli e alla formazione».

Ballerino ovviamente non ci si improvvisa ma… «Al giorno d’oggi - dice Grandi - mi pare esserci un incremento di artisti. Questo perché i ragazzi spesso fanno un corso e si considerano già ballerini. Si sta diffondendo a mio parere una semplificazione dei mestieri e un volere “tutto e subito”».

«Spero cambi pure il modo di concepire l’arte “all’italiana” - chiude Trazzi -, sempre più spesso infatti capita che il pubblico vada a teatro per vedere parenti o amici sul palco e non per gustarsi lo spettacolo. Io stesso una di queste volte dirò ai miei conoscenti di venire a vedermi, ovviamente non ci sarò ma sono convinto usciranno comunque col sorriso».

Eleonora Poltronieri

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