«Vi sbatto su YouTube»: condannate
Intralciarono i sanitari del Pronto soccorso di Cona, ieri il patteggiamento
E’ finito tutto in una manciata di minuti, con il patteggiamento proposto e accolto di una pena di 20 giorni per il reato di interruzione di pubblico servizio. Davanti al giudice Piera Tassoni si è conclusa così, ieri mattina, la vicenda processuale che doveva chiarire la posizione di due donne che, in attesa di visite per i rispettivi mariti, il luglio scorso al pronto soccorso dell’ospedale di Cona, protestarono per il ritardo e una delle due, Olga Petrova, «armata» di telefonino, invase le sale oltre il triage e minacciò di filmare medici e sanitari al lavoro per poi - disse- «mettere tutto su You tube» e l’altra, Katia Bonora, per esser entrata nell’area delle emergenze per chiedere, con insistenza, chiarimenti dei ritardi. Secondo la verità processuale sancita ieri mattina, le due donne così facendo intralciarono il lavoro dei medici. Lo fecero con sgarbo e insistenza, senza capire il perchè dei ritardi di quel momento, quando medici e infermieri stavano cercando di salvare la vita ad un ragazzo, vittima di incidente stradale, che morì durante i tentativi di rianimarlo. Le due accusate sono la signora Katia Bonora, difesa dall'avvocato Saverio Stano, e la signora Olga Petrova, assistita dall'avvocato Simona Maggiolini. Entrambe le donne erano al Pronto soccorso di Cona, quella notte, in attesa che i sanitari visitassero i propri mariti. Quella notte del 21 luglio scorso, al Pronto Soccorso era in atto una vera e propria emergenza, con medici e sanitari impegnati per ore, prima e dopo, nel tentativo di salvare dalla morte due ragazzi vittime di incidente stradale. E poi informare i familiari giunti al Pronto Soccorso che i loro ragazzi 25enni erano morti.
Alla fine entrambe hanno scelto il patteggiamento a conclusione di un iter lungo e articolato della vicenda processuale. «Abbiamo preferito patteggiare - spiegava ieri mattina l’avvocato Stano - per chiudere questa vicenda che ha toccato e provato anche la mia assistita dal punto di vista psicologico: ribadiamo che non c’era intenzione di arrecare disturbo o interrompere il lavoro dei medici, quella notte la signora che assisto si limitò e bussare la porta per chiedere spiegazioni e alla risposta ‘se ne vada’, lo fece senza protestare. Era l’esasperazione di aver atteso ore e ore: per questo motivo abbiamo chiuso col patteggiamento anche se resto critico sulla formulazione di un reato che ritengono assurdo perchè la stessa interruzione contestata riguarda un servizio che noi utenti, non più pazienti, aspettavamo e avevano il diritto di avere». Ma questo caso giudiziario potrebbe rappresentare un precedente, chiediamo all’avvocato Stano, anche dirigente della Camera penale cittadina. «Credo che questo caso sia stato particolare, vero è che ogni giorno si registrano proteste per le attese, ma ribadisco, era davvero una situazione straordinaria e non credo si possa parlare di precedente applicabile ad altre situazioni». E’ dello stesso avviso l’avvocato Maggiolini che ha scelto per la sua assistita di chiudere la vicenda col patteggiamento: «Noi - aveva spiegato il legale - quella notte chiedemmo l'intervento dei medici, certo con l'esasperazione di quei momenti, ma ciò che ci viene contestato non si è mai verificato: la mia assistita non filmò nulla, non è mai entrata negli ambulatori e, certo perdendo la pazienza, chiese più volte che il marito, cardiopatico, venisse visitato». (d.p.)