La Nuova Ferrara

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Triangolo della morte: ora la verità

di Davide Bonesi
Triangolo della morte: ora la verità

La longastrinese Foletti con un libro riapre il caso sulle vittime dei partigiani nel 1945 e sulla fossa comune di Campotto

30 marzo 2016
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LONGASTRINO. Risale al gennaio 2004 la richiesta inviata all’allora sindaco di Argenta, Andrea Ricci, per posare una lapide nel Parco delle Rimembranze di Longastrino con i nomi di undici persone uccise nel secondo dopoguerra. Si tratta di Benvenuto Cavallari, Domenico Cuffiani, Amedeo e Giuseppe Farini, emilia Gattia, Orestina Leoni, Luigi Oddone Manetti, Sergio Morandi, Anselmo Rainesi, Adelmo Tinarelli e Giuseppe Zanella. Richiesta caduta nel silenzio, ma fra queste persone ci sono i nonni di Lara Foletti, sociologa, giornalista ed ora scrittrice longastrinese doc (ma vive da anni a Roma), autrice del volume Il sasso che alza il cielo, pubblicato dalla casa editrice ferrarese Faust Edizioni di Fausto Bassini.

Il volume è un romanzo, che racconta prima le origini della famiglia dell’autrice, poi quanto accaduto nel 1945 in quello che alcuni hanno definito “Triangolo della morte”, territorio fra Longastrino, Alfonsine e Lugo dove milizie di partigiani - sarebbe meglio definirli assassini e ladri - hanno trucidato famiglie, violentato ragazze e devastato abitazioni, lasciandosi alle spalle solamente dolore e sangue, tanto sangue. Assassini e ladri che dopo le tante sofferenze causate dal conflitto ne hanno inflitte altre con la sola motivazione della vendetta nei confronti di ‘amici’ del regime fascista, anche se molte delle persone uccise nulla avevano a che vedere e in ogni caso nulla poteva giustificare tanta efferatezza.

Ma a distanza di oltre settant’anni potrebbe esserci una novità, legata proprio alla diffusione del volume della Foletti. Fra gli eredi delle vittime (non solo quelli argentani) ci sono infatti persone che sono disposte a lottare per sapere la verità sui propri cari. Impresa non facile, come dimostrato di recente a Sant’Alberto (Ra), quando dopo anni di richieste è stato ottenuto il consenso per aprire un pozzo dove secondo le voci di paese c’erano sepolte delle vittime dei partigiani. Ma dopo una notte di ‘strani’ movimenti al momento di distruggere il pozzo non è stato trovato un solo osso. Relativamente al territorio argentano, alcune ossa sarebbero state trovate anni fa durante dei lavori in un’idrovora a Campotto dove - sempre secondo voci - ci sarebbe una vera e propria fossa comune con decine di cadaveri. Ma i lavori furono subito interrotti e le battaglie legali di chi voleva conoscere le verità tutte perse. Ora alcune persone sono pronte a ricominciare, anche se appare onestamente difficile pensare di scavare senza avere alcune indicazioni precise. A tal proposito la stessa autrice si è detta disponibile a ricevere qualsiasi informazione, anche se finora il libro non le ha portato tanta ‘fortuna’, considerando che alcuni amici di infanzia e pure alcuni parenti l’hanno criticata pesantemente per quanto raccontato.

1, continua