Si costituisce e crolla: ho ucciso mia moglie
Tragedia a Quacchio. L’uomo l’ha accoltellata alla gola mentre era a letto. I vicini: la signora era invalida, lui da volontario aiutava le persone inferme
FERRARA. Quando ha suonato alla caserma dei carabinieri, in via del Campo, li ha colti tutti di sorpresa: «Mi chiamo Francesco De Scisciolo e ho ucciso mia moglie». Erano le 7.30 di ieri mattina e quell’uomo appariva in stato confusionale. Poco dopo una pattuglia guidata dal maresciallo Romeo Creti si è fermata davanti al cancello del condominio, al civico 1 di via Paracelso, una traversa di via Briosi, a Quacchio, seguita dal furgone della Scientifica.
Al primo piano della palazzina si trova l’abitazione dove De Scisciolo, 74 anni, ex ingegnere dell’Utf e Ufficio Dogane, pensionato originario di Lecce ma ben conosciuto in città per la sua attività nell’Unitalsi, abitava assieme alla moglie «da più di quarant’anni», ricordano i vicini. Proprio contro Elena Salmaso, 73 anni, ferrarese, compagna della vita, ex segretaria dell’Oculistica del Sant’Anna quando era direttore e rettore Antonio Rossi, l’uomo aveva vibrato il colpo mortale che l’aveva colta indifesa nel letto. Una ferita inferta alla gola con un coltello da cucina al culmine, probabilmente, di un momento di grande disperazione e di particolare fragilità.
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Lo stato di salute della moglie era stato compromesso alcune settimane fa da un’emorragia cerebrale che le aveva procurato una grave invalidità. Dopo il ricovero Elena Salmaso era rientrata a casa, dove veniva assistita dal marito e da altre persone. Ma quel trauma aveva marcato l’umore dell’uomo.
I vicini lo descrivono «molto preoccupato, «abbattuto», «turbato». Nessuno però «avrebbe mai potuto immaginare quello che è avvenuto stamattina - commentava sbalordita Franca Zattoni, che abita nello stesso condominio - Era una coppia unita e riservata, sono venuti ad abitare qui quando il palazzo è stato costruito, eravamo tutti giovani. Una bella famiglia, con due figli, Francesca e Raffaele, anche lui ingegnere. Francesco era una persona attiva, lo vedevamo spesso uscire a piedi o in bici, «da quando la salute della moglie era peggiorata le stava vicino, cercava di darle la migliore assistenza possibile», ricordava la conoscente.
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«Lui non voleva che fosse ricoverata in clinica, sarebbe stata meglio a casa, diceva, seguita da chi le voleva bene», raccontava ancora la vicina. Ma dalle sue parole traspariva, a parere di chi conosce bene la famiglia, il timore di non riuscire a sostenere quell’impegno gravoso nonostante fosse sostenuto dall’affetto e da un legame rafforzato e consolidato da mezzo secolo di vita familiare. «So che recentemente - ha confidato una persona che risiede nello stesso palazzo - Francesco aveva detto che voleva cercare qualcuno che potesse aiutare lui e lei in modo stabile». Chi era andato a far visita alla signora dopo la malattia la descrive come una persona «lucida, che mostrava la sua contentezza quando qualcuno andava a trovarla, ma aveva perso parte della sua capacità di muoversi».
«Era molto provata dal fatto che ora dovesse affidarsi in molte situazioni all’assistenza degli altri e diceva di essere molto dispiaciuta perché quell’onere ricadeva in particolare sul marito», questo spiegava ieri uno dei residenti di via Paracelso. Nel corso della mattinata, mentre sul posto accorrevano giornalisti e fotografi, inquirenti, sanitari e medico legale, addetti alla rimozione della salma, la gente che abita il quartiere, molto meno conosciuto di altre zone della città più spesso citate dalla cronaca locale, ha iniziato a fermarsi e a radunarsi sui balconi. Tutti colpiti da quella notizia che iniziava a circolare lentamente, di casa in casa. Ma nessuno, intorno alle 7, aveva sentito nulla.
Nè un urlo, nè un rumore o un segno qualsiasi che potesse far pensare o anche sospettare che una reazione inconsulta o forse più ragionata potesse portare il lutto a due passi dalle loro porte.
«Quando ho visto i carabinieri - diceva Franca Zattoni - ho temuto che qualcuno cercasse quella famiglia per comunicare una brutta notizia, non che quel fatto fosse avvenuto proprio a casa loro». Anche Pietro Costa, un altro condomino, non riusciva a spiegarsi l’accaduto. E Giorgio Padovani, che aveva conosciuto De Scisciolo «da un annetto» continuava a ripetere: «Non era da lui fare quello che ha fatto. Lo ricordo come una persona irreprensibile, collaborava con l’Unitalsi, si dedicava agli altri e seguiva con amore la moglie. Quello che le era accaduto lo aveva prostrato ma non ho mai notato segni di squilibrio. Era una persona che stava attraversando un momento difficile».
Gioele Caccia