«Ho fatto un casino, arrestatemi»
Simone Bertocchi si costituisce, confessa ed è in carcere. Trovato il complice, ma resta libero
FERRARA. Il primo, Simone Bertocchi, si è presentato ieri mattina ai carabinieri con in mano il biglietto da visita del suo legale che lo aveva da poco convinto a costituirsi: «Ho fatto un gran casino» ha detto subito al maresciallo della stazione di Porotto. Il secondo, invece, la persona presente sulla scena all’omicidio, a Fossanova, William Biancucci, 36anni anche lui, ferrarese, sono andati i carabinieri a prenderlo a casa nel primo pomeriggio poco prima delle 15, dopo che Bertocchi aveva ammesso la sua presenza, anche se aveva tentato, inutilmente, di proteggerlo: «Ho fatto tutto io da solo, non c’era nessuno con me a Fossanova».
Non gli hanno creduto gli inquirenti che lo stavano interrogando e dopo averlo convinto a dire il vero, ha indicato il nome di Biancucci, che non è stato mai arrestato e che dopo l’interrogatorio subìto è stato “solo” indagato per concorso in omicidio e tentato omicidio ed ora è libero. Si erano lasciato domenica mattina e mai più incrociati, è emerso ieri dagli interrogatori. Quando erano fuggiti insieme, da Fossanova San Marco, prima in bicicletta lungo via del Gorgo (dove hanno buttato la pistola), poi dopo aver abbandonato le biciclette, hanno proseguito a piedi per Aguscello e fatto ritorno in città con l’autobus da Villa Fulvia. La “latitanza” di Bertocchi è durata appena 46 ore. Dalle 9.30 di domenica scappando dopo aver ucciso Roberto Tosi Savonuzzi e ferendo gravemente la compagna Raffaela Pareschi (ancora in pericolo di vita). Fino alle 7.30 di ieri mattina, chiudendo la sua fuga con una telefonata all’avvocato di fiducia, con una sola domanda: «Cosa devo fare?».
Non ha avuto bisogno di pensarci, il legale: «Costituisciti ai carabinieri». Il tempo di raccattare idee e raccogliere in una manciata la sua vita andata a rotoli, e Bertocchi si è presentato, alle 8.30 ai carabinieri di Porotto: «Sono Simone Bertocchi: ho fatto un gran casino», le prime parole buttate in faccia allo maresciallo che domenica mattina - dopo il delitto - su indicazioni di chi seguiva le indagini, aveva fermato, e poi rilasciato, il Simone Bertocchi sbagliato. La pistola, Bertocchi, ha detto di averla gettata mentre scappava in bicicletta da Fossanova: «L’ho gettata in via del Gorgo, dopo le prime due curve, dopo le ultime case».
Qui, quella piccola pistola, una calibro 6.35, non è stata trovata, nonostante le ricerche iniziate poco dopo le 10.30, impegnative per il meteo (si sudava all’ombra) e per la difficoltà tecnica di trovare un piccolo revolver che sta nel palmo di una mano. E concluse nel pomeriggio senza risultati: la pistola, non si trova. Dalla tarda mattina fino alla prima serata, poi gli interrogatori: prima di Bertocchi e poi in contemporanea di Biancucci. Al pm Stefano Longhi e agli ufficiali dei carabinieri che hanno coordinato le indagini in questi giorni, i capitani Gandolfi e Mari, Bertocchi ha confessato di aver ucciso e tentato di uccidere i due anziani a Fossanova San Marco, ma ha spiegato questo suo gesto folle per i continui screzi che aveva con Tosi. Un delitto che in apparenza e senza conoscere gli atti poteva avere avuto una premeditazione: «Ma questa non è contestata» ha precisato il magistrato sottolineando come causa scatenate «i rapporti conflittuali tra Bertocchi e la vittima, per contrasti legati alla casa».
E il movente della pensione rubata da Bertocchi a Vittorio Chiccoli? «È un possibile movente, come tanti altri» ha chiarito lo stesso pm Longhi, confermando le indagini comunque sulla pensione rubata. Per quanto riguarda invece Biancucci, la sua posizione è stata ritenuta al momento defilata tanto che, spiega il pm «non ci sono elementi per adottare nessuna misura nei suoi confronti». Biancucci era andato con Bertocchi a Fossanova per far lavori nella casa, sapeva questo, non sapeva nè che Bertocchi fosse armato nè dei conflitti con Tosi. Le indagini sono in corso, e dovranno chiarire tante altre cose.