Particelle “esotiche” scoperte al Cern dai fisici ferraresi
In uno dei 4 esperimenti del super-acceleratore di Ginevra Impegnati ricercatori, dottorandi e tecnici dell’Università
La “Fisica delle particelle” non va mai in vacanza. Lhcb, uno dei quattro grandi esperimenti del Large Hadron Collider (Lhc), il super-acceleratore di particelle al Cern di Ginevra a cui collaborano attivamente i gruppi dell'Universita' e dell'Istituto nucleare di fisica nucleare di Ferrara, ha appena scoperto una famiglia di particelle cosiddette "esotiche", ossia costituite da stati legati di quattro Quarks, invece dei "soliti" due o tre.
Ma per spiegare, cominciamo dall'inizio. La nostra comprensione della struttura più intima della materia è stata rivoluzionata nel 1964, quando il fisico americano Murray Gell-Mann ha teorizzato che particelle "pesanti", come protoni e neutroni, fossero in realta' costituite da tre componenti fondamentali chiamati Quarks (nome preso in prestito, si narra, da "Finnegan's Wake", di James Joyce).
Gell-Mann fu insignito per questo lavoro del Premio Nobel per la fisica nel 1969. Ma il modello a quark prevede anche l'esistenza di altri stati aggregati di quark, come il pentaquark (osservato per la prima volta l'anno scorso sempre da Lhcb) e di tetraquarks, composti cioe' da quattro di questi consituenti fondamentali. Fino ad ora, nonostante una ricerca serrata durata mezzo secolo e condotta da molti esperimenti in tutto il mondo, non era mai stata portata nessuna prova conclusiva dell'esistenza di queste particelle cosiddette "esotiche", propro per la loro struttura peculiare.
La collaborazione Lhcb ha pubblicato di recente sul sito “open access arXiv.org” lo studio che descrive questi importanti risultati.
L'osservazione di queste particelle è molto difficile e avviene tramite la rivelazione dei loro "prodotti di decadimento", ossia di particelle quali i mesoni J/psi, Phi e Kaone che vivono sufficientemente a lungo da essere "visti" dal rivelatore di Lhcb. La difficoltà principale consiste nel distinguere i decadimenti provenienti da queste particelle esotiche rispetto ad altri decadimenti simili che sono di molti ordini di grandezza più numerosi.
Il classico "ago in un pagliaio". Questa difficile selezione è possibile grazie all'elevato numero di collisioni fornite da Lhc, alla elevatissima precisione dell'apparato sperimentale di Lhcb e ad un efficiente sistema di selezione rapida (sia elettronico che via software), che permette di scartare in tempo reale la maggior parte degli eventi di fondo, facilitando quindi la successiva analisi dei dati. Alla collaborazione Lhcb partecipano attivamente i fisici dell'Università di Ferrara: Roberto Calabrese, Eleonora Luppi, Luca Tomassetti, Massimiliano Fiorini, Luciano Pappalardo e dell'Infn: Wander Baldini, Concezio Bozzi, Stefania Vecchi. Completano il gruppo tecnologi, tecnici, giovani dottorandi e assegnisti. Il gruppo di Ferrara è coinvolto in numerose e importanti attività all'interno della collaborazione Lhcb, riguardanti sia la gestione della attuale presa dati (che finirà a fine 2018) che le attività di miglioramento e ottimizzazione previste per la futura presa dati ad alta luminosità, che inizierà nel 2020. In particolare, il gruppo di Ferrara ha un ruolo importante nella gestione del rivelatore dei Muoni, nella realizzazione del nuovo sistema di rivelazione di luce Cherenkov, nello sviluppo di algoritmi di selezione e analisi dati, e nella gestione e sviluppo di sistemi di calcolo e gestione dell'enorme quantità di dati.