Rassegne splatter nell’estate del terrore L’affondo di Crepet
Lo psichiatra e sociologo parla di violenza quotidiana «Pokémon e zombie? Sarebbe meglio tornare alla realtà»
di SAMUELE GOVONI
Probabilmente in futuro l’estate 2016 verrà ricordata come l’estate del terrore. Violenza dilagante, allarmi continui e paura diffusa stanno mettendo a dura prova i nervi di milioni di persone. Sui mass media non è difficile imbattersi in termini come “inferno”, “tragedia” o “orrore”. E a proposito di orrore, come vuole la più classica tradizione cinematografica di genere, questa sera a Lido degli Estensi arrivano i morti viventi. Ma perché, a fronte di tanti corpi trucidati realmente, c’è chi vuole portare in scena la morte per gioco? Per esorcizzare? Per sentirsi come in un film o in un videogioco? Per amore del brivido? Lo abbiamo chiesto allo psichiatra e sociologo Paolo Crepet, che ha subito affermato: «La violenza è ovunque e sotto molteplici forme. Anche ammazzare un anziano indifeso e scappare in bici - riferendosi all’omicidio di Fossanova - è violenza».
. La zombie walk può considerarsi una moda impressionante? In particolar modo per i più piccoli?
«Quelli che si travestono da zombie non fanno un gran danno. Certe manifestazioni non vanno prese troppo sul serio, l’ironia è fondamentale in certi casi. Le persone che si divertono così secondo me sono semplicemente mononeuroniche. Forse è il caso di tornare alla realtà, di risollevarsi».
Perché nell’ultimo periodo stanno prendendo sempre più piede manifestazioni di questo tipo?
«Lasciamo per un attimo da parte gli zombie e prendiamo l’ultimissima moda: i Pokémon. Sono sicuro che anche dalle vostre parti, come in tantissime altre città, a dare la caccia a questi personaggi non ci siano solo i ragazzini ma anche qualche adulto che vuole fare l’evergreen. Ci si dovrebbe preoccupare anche di quelli perché, pure questo è un fenomeno che possiamo ritenere pericoloso. Bisognerebbe dare un freno a tutto ciò».
Che effetto possono avere episodi di violenza continui sulla crescita di bambini e adolescenti?
«La violenza è un fattore reale, non manca e non si può pensare che un bambino cresca senza sapere che nel mondo ci sono terroristi o uomini che uccidono le proprie mogli e fidanzate o altri individui che danno vita a episodi di violenza quotidiana perché, di fatto, la violenza è ovunque. Come proteggere i più piccoli? Dipende anche dall’età. Quando i bambini crescono e diventano piccoli cittadini del mondo è giusto spiegare loro che violenza e cattiveria umana esistono. Non si può credere alle favole e bisogna spiegarlo affinché i nostri figli crescano in maniera diversa rispetto ai predecessori».
Videogiochi e film sono spesso considerati complici della violenza tra i giovani.
«Questa è una battaglia persa, è un discorso che ritorna sempre. All’inizio c’erano i giornali, poi i film, poi i videogiochi e ora c’è la rete. Internet come sappiamo ha una potenza enorme. Se ci facciamo caso i primi video a diventare virali sui social network sono quelli che immortalano episodi di violenza: risse, omicidi, stupri. Difficilmente vedremo diventare virale il video di una ragazza che si laurea con il massimo dei voti. Anche questo è un messaggio sbagliato che può mostrare i violenti come celebrities».
Cosa significa per un genitore educare oggi?
«In una battuta? Una volta educare significava tirare su anche, e soprattutto, in senso materiale il proprio figlio. Oggi “tirare su” significa più che altro tirare su moralmente il bambino; della parte materiale se ne è occupata l’Ipercoop».
©RIPRODUZIONE RISERVATA