La Nuova Ferrara

Ferrara

sanità

Morì all’ospedale di Cona, due infermiere a processo

Daniele Predieri
Morì all’ospedale di Cona, due infermiere a processo

II decesso dell’anziana nel 2013. L’accusa: le addette regolarono male la flebo che l’alimentava e la donna entrò in coma

3 MINUTI DI LETTURA





FERRARA. Aveva 71 anni Marcellina Vecchi quando morì il 1 settembre 2013 all’ospedale di Cona. A tre anni dal decesso, ieri in tribunale, davanti al giudice Alessandra Testoni è iniziato il processo per omicidio colposo a carico di due infermiere: un processo per colpa sanitaria,come tanti si celebrano nelle aule del tribunale anche a Ferrara, ma questa volta nessuno dei medici che ebbero in cura la donna nei vari reparti tra luglio e settembre 2013 (Clinica chirurgica, Chirurgia d’urgenza e Terapia intensiva) sono chiamati a rispondere della morte della paziente. Solo due infermiere, che secondo l’accusa avrebbero commesso un errore nel regolare, in modo sbagliato, la valvola della flebo che alimentava la donna: errore che avrebbe creato uno scompenso tale innescando un coma metabolico (il 10 agosto), dal quale la paziente non si riprese mai, morendo dopo 20 giorni (il 1 settembre).

Il processo dovrà stabilire se quell’errore è stato compiuto e da chi (tra le due infermiere, che si sono attribuite la responsabilità insieme), se il controllo di quella regolazione spettava alle addette o ad altri - i medici di turno nel reparto, come ha eccepito ieri uno dei difensori (avvocato Trombini) - e se sia o meno causa diretta della morte. La perizia superpartes (Varetto) aveva indicato per la causa della morte una «multifattorialità» di eventi: dunque non solo il presunto errore. Mentre fu più decisa la consulenza della procura, affidata al professor Ferrara, che indicò nell’errore la causa scatenante che portò al decesso. Ieri al dibattimento, davanti al giudice Testoni, alla pm Cavallo (che ha coordinato le indagini) e ai difensori (Trombini per Andreatti e Costantino per Pavarin) sono sfilati i testimoni del processo: direttore sanitario (Carlini), il primario di Terapia intensiva (Volta), lo specializzando di turno il 10 agosto (Marino), il chirurgo che operò la donna in seguito (Vasquez) mentre il processo è stato poi aggiornato al 26 gennaio prossimo. Le testimonianze hanno messo in luce ciò che accadde il 10 agosto, giorno del presunto errore.

[[atex:gelocal:la-nuova-ferrara:site:1.14172938:gele.Finegil.Image2014v1:https://www.lanuovaferrara.it/image/contentid/policy:1.14172938:1650624182/image/image.jpg?f=detail_558&h=720&w=1280&$p$f$h$w=d5eb06a]]

Lo specializzando Serafino Marino ha spiegato che la mattina del 10 agosto venne chiamato alle 12 per una urgenza nella stanza della signora Vecchi: lui e altri medici arrivarono e trovarono la paziente che non rispondeva. Uno dei medici chiese subito “Cosa è successo?”. L’infermiera Andreatti rispose per tutte e due: «Ce la siamo dimenticata aperta», la valvola per il flusso della flebo che alimentava l’anziana. Alla richiesta su chi l’aveva fatto, rispose ancora lei: «Siamo entrambe in servizio», come dire, la colpa è di tutte e due. Questa la ricostruzione di Marino, presente quella mattina. Lui e altri testi hanno confermato che la flebo venne caricata alle 8 del mattino (permette di alimentare pazienti con lipidi, proteine, zuccheri) e che la «sacca dovrebbe durare 24 ore».

Quella della signora Vecchi, invece dalle 8 alle 12 (quando scattò l’emergenza) «era arrivata giù, a 2/3, quasi vuota», le varie dichiarazioni in aula ieri e quelle durante l’indagine. Un errore che portò alla morte? Un fatto da accertare al processo. Mentre occorre ricordare che l’Azienda Sant’Anna di Cona ha già concesso la rifusione del danno alla famiglia della paziente, che non si è costituita parte civile. Famiglia che aveva visto la propria cara ricoverata a fine luglio per una perforazione intestinale che i medici ritennero non grave. Non venne ritenuta necessaria l’operazione, si scelse la terapia conservativa: la signora stava bene, si alzava da letto, poi il presunto errore, quindi il coma e la morte in Terapia intensiva. Lo ha ricordato ieri il primario del reparto, Carlo Volta. Dopo il decesso fu lui a fare la segnalazione del decesso che la direzione sanitaria inoltrò alla procura, avviando l’inchiesta e quindi il processo. Che continuerà in gennaio, con altri testimoni.