«Chiude il cracking a Marghera Un’alternativa c’è, a Ravenna»
Zanirato (Uil): dal sito veneto parte la pipeline che porta le materie prime a Ferrara Il rischio di perdita occupazionale, la necessità di investimenti e il “nodo” del Mose
Dall’etilene e dal propilene proveniente dal cracking di Porto Marghera dipende il funzionamento della quasi totalità del Petrolchimico di Ferrara. In pratica lo stop all’impianto nel 2022, annunciato di recente dall’Eni, significherebbe fermare il grosso delle produzioni ferraresi, perdere i posti di lavoro e le competenze del Centro ricerche sulle poliolefine, fondamentale anche nell’ottica di una trasformazione green della chimica.
Costi e materie prime
«È un sistema che viene messo in crisi e Ferrara, ma più in generale le politiche industriali di questo Paese, non possono permettersi che venga meno una realtà di competenze così distintive», sottolinea il segretario generale della Uil, Massimo Zanirato. Per questo, dice il sindacalista, il cracking di Porto Marghera non può chiudere, salvo trovare prima alternative per l’approvvigionamento delle materie prime essenziali, con conseguenti investimenti che Comune, Regione e soprattutto Governo, in quanto azionista, dovranno pretendere da Eni. L’importante sarà garantire la materia prima a costi che siano competitivi per non mettere in crisi le produzioni, commenta Zanirato: «Il cracking di Porto Marghera è un grandissimo distillatore che fraziona il petrolio nelle varie componenti, fra cui propilene ed etilene, fondamentali per il Petrolchimico. Queste materie prime vengono trasportate tramite un tubo, la cosiddetta pipeline, che parte da Porto Marghera e poi si dirama verso Ferrara e Mantova. Se si chiude Porto Marghera bisognerà trovare un’alternativa per far arrivare le materie prime: potrebbero arrivare là già frazionate, per esempio, su navi». Da valutare a quel punto i costi delle gasiere: «Se si aumenta il prezzo delle materie prime questo ha ripercussioni sul prodotto finito – dice Zanirato – il rischio è non essere più concorrenziale, soprattutto se come Ferrara si hanno impianti di piccola taglia». Altro problema sarebbe il Mose: quando si alza come facciamo a far passare le navi? Le produzioni non possono fermarsi». Una possibile alternativa, quindi, per il segretario della Uil sarebbe guardare al porto di Ravenna, «che è parte fondamentale delle Zls e dove si stanno facendo grandi investimenti». Bisognerebbe fare uno studio di fattibilità, propone Zanirato, e il governo dovrebbe chiedere ad Eni investimenti. A muoversi però devono essere anche la Regione e Alan Fabbri: «Ci vuole uno scatto della politica, un sussulto di orgoglio da parte del sindaco perché nella sua città ha un’eccellenza mondiale».
I sindacati sono intanto in attesa di una prossima convocazione al Tavolo della chimica. Un altro fronte sembra in via di risoluzione: «Per Celanese – riferisce Zanirato – la trattativa va avanti e siamo positivi. Pare che alla fine ci sia un saldo che si avvicina allo zero in termini occupazionali, ballano ancora un paio di unità ma è aperta la trattativa con l’acquirente che è Benvic». —
Giovanna Corrieri
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