Iniezioni di memoria Omaggio silenzioso alle tante vittime di questa pandemia
Un anno fa i camion dell’Esercito con le bare da Bergamo Ieri in Certosa le note del Silenzio e il ricordo delle autorità
Marcello Pulidori
Un anno fa, esattamente un anno fa. Era il 21 marzo 2020 quando i camion militari partiti da Bergamo attraversavano Corso Ercole d’Este, in un pomeriggio che non si potrà scordare, per entrare alla Certosa di Ferrara. Carichi di bare che non avevano potuto trovare l’omaggio dovuto nei loro luoghi d’origine, intasati in ogni ambito da questo incubo fatale precipitato sulle nostre esistenze.
Per Ferrara, che accolse 112 di quelle salme, quella data è impressa nella memoria collettiva. Come la Giornata ferrarese in memoria delle vittime dell’epidemia da Coronavirus.
Ieri mattina, 21 marzo 2021, in Certosa, accanto all’Aula del Commiato, e in concomitanza con il calendario che ha segnato un anno esatto da quel tragico giorno, la città si è fermata per una cerimonia silenziosa ma carica di un dolore perforante, una cerimonia in cui le uniche parole sono state quelle del vescovo Gian Carlo Perego: «Siamo qui – ha detto l’arcivescovo di Ferrara – per pregare per chi ha perso la vita a causa della pandemia, per le loro famiglie, per i loro cari».
Indovinato, per la mesta circostanza, il protocollo, studiato proprio per lasciare al silenzio, quello dentro l’anima, il compito di onorare nel modo più sentito e partecipe questi lutti della nostra modernità. Lutti impensabili, prima che la pandemia piombasse sulle nostre vite. Davanti alle corone dei due Comuni, Bergamo e Ferrara, le autorità cittadine: il sindaco Alan Fabbri, il vice Nicola Lodi, il prefetto Michele Campanaro, il vescovo Perego, e Luca Cimarelli presidente della Holding Ferrara Servizi.
Iniezioni di memoria che resteranno incancellabili, come incancellabile fu il dolore di chi non poté neppure abbracciare un padre, una madre, un figlio che se ne andavano. Condizioni che la mente umana non sa accettare. Innaturali, appunto.
Lo ha ricordato ieri mattina in Certosa, in tono sommesso, il primo cittadino, davanti a qualche taccuino: «La morte è tragica, ma lo è ancora di più nella lontananza imposta dal Covid – ha ricordato Fabbri – Con sincera partecipazione abbiamo voluto far sentire la nostra vicinanza a tutti i cittadini, alle famiglie, a chi ha perso famigliari e amici».
La tromba della Filarmonica “Giuseppe Verdi” di Cona ha intonato il “Silenzio” per onorare la memoria di chi ha trovato l’ultima pace lontano dalla sua terra.
Anche questo è un aspetto che toglie anche quel poco di naturale che c’è dentro a questa tragedia. La lontananza dagli affetti più cari, la distanza che non si colma. Aspetti che oggi sono diventati materia di studio per gli scienziati in tutto il mondo.
i 4 addetti
C’erano anche i 4 addetti di Ferrara Tua che materialmente un anno fa scaricarono quei 112 feretri: sono Gino Scalambra, Luigi Bacilieri, Mauro Vignali e Maicol Musco.
un anno fa
Tutto è iniziato un anno fa. Era l’inizio di marzo quando la provincia di Bergamo balzò alle cronache per diventare il territorio che aveva subito più contagi, dopo i casi emiliani e quelli veneti. Da quel momento, l’incubo Coronavirus, i centralini intasati negli ospedali e negli studi dei medici di famiglia (anche 180/200 chiamate in un solo giorno), la prima riunione in Prefettura a Bergamo, i ricoveri in terapia intensiva, i primi morti, l’annuncio del primo lockdown.
il cuore di Ferrara
Poi Ferrara, la Ferrara dal cuore ferito ma grande, che aveva subito aperto le sue porte per accogliere chi non ce l’aveva fatta. Bergamo non ha dimenticato. E Ferrara ieri non ha voluto dimenticare. –
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