Stress da pandemia Più richieste di aiuto per bimbi e adolescenti
Saranno soprattutto i bambini e gli adolescenti a scontare le conseguenze psicologiche più pesanti della pandemia. Perché la loro “educazione emotiva”, la conoscenza di sé attraverso il confronto con gli altri, e la percezione della propria corporeità riflessa nello “specchio” della realtà che ci circonda, sono state improvvisamente interrotte e negate dall’isolamento. E, proprio perché non pienamente apprese, saranno più difficili da recuperare.
Lo dicono i dati, che parlano di un aumento del 20 per cento di ricoveri in psichiatria tra i giovani fino al 25 anni di età (in controtendenza rispetto a un calo di pari portata tra gli adulti). Lo confermano gli esperti a vario titolo coinvolti nella rete dei servizi territoriali che in questo anno di emergenza sanitaria non si sono mai fermati, prima ricorrendo a consulti telefonici e ora anche in presenza.
«Non bisogna aspettare troppo tempo prima di chiedere aiuto», è l’invito della psicologa Silvia Barbaro, dirigente dello Spazio Giovani Asl, che offre supporto gratuito, in presenza, a ragazzi fino ai 19 anni (sul sito Asl i recapiti e gli indirizzi mail per fissare un appuntamento). «Sono cresciute le richieste di aiuto legate al disagio psicologico di adolescenti e giovani. Eccessi di irritabilità e aggressività, ma anche tendenza al ritiro sociale sono entrambi segnali di allarme da non sottovalutare». Particolarmente delicata la situazione per i bambini e i preadolescenti - interviene Franca Emanuelli, neuropsichiatra infantile dell’Asl - pur con le necessarie distinzioni sulla base delle caratteristiche individuali. Si va dunque dal rischio regressione per i bimbi disabili all’allargamento di diseguaglianze tra gli alunni con disturbi dell’apprendimento, con sempre maggiori disparità tra coloro che possono contare su un adeguato supporto domestico e quelli lasciati più soli.
L’isolamento e i minori contatti con i coetanei provocano inoltre una “esasperazione” di un fenomeno del tutto fisiologico nella fascia preadolescenziale che va dai nove, dieci anni in poi, prosegue Emanuelli: «È l’età dell’introspezione, della conoscenza di sé e del proprio corpo, che in tempi normali è accompagnata dalle interazioni con gli amici e dalle altre attività sociali. Ora invece questa sfera introspettiva occupa molto più spazio; e senza il confronto con i coetanei restano solo modelli irreali e irraggiungibili. Stiamo registrano una crescita di fenomeni di alterazione della percezione corporea, che si traducono in tagli autoinflitti e disturbi alimentari». Da qui la necessità fondamentale da parte dei genitori di preservare a loro volta le risorse emotive e mentali per essere di supporto ai figli.
I servizi psicologici e psichiatrici territoriali, si diceva, non sono mai venuti meno, ha sottolineato la psicologa Cristina Meneghini, che si occupa di assistenza agli adulti. Se durante il primo lockdown i disagi erano legati a reazioni ansiose per un evento traumatico inaspettato, col tempo questa fase acuta si è cronicizzata in una depressione legata anche a lutti e preoccupazioni per la salute dei propri cari. Discorso diverso per gli adulti che già soffrivano di problemi psichiatrici, ha concluso lo psichiatra Renato Cardelli, per i quali il contatto sociale è invece “il” problema, e che non hanno avvertito i disagi connessi all’isolamento. —
A.M.
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