Turismo blindato in Italia, permessi i viaggi all’estero Gli operatori insorgono
Scolamacchia (Asshotel): misura ingiusta e discriminatoria Dalla Regione una bacchettata al Governo: intervenga subito
la protesta
A Pasqua si potrà andare in vacanza in Guadalupa, in Groenlandia o in Francia, ma non fare una gita a Riccione. E la disposizione del Viminale scatena un coro di malumori.
Insorge il presidente di Asshotel Ferrara Nicola Scolamacchia, protestano il presidente dell’Emilia Romagna Stefano Binaccini e l’assessore regionale al Turismo Andrea Corsini, tutti concordi nel definire insensata la decisione di concedere gli spostamenti, anche da zona rossa, verso un nutrito gruppo di Paesi esteri, con il solo obbligo di eseguire un test molecolare o antigenico 48 ore prima dell’imbarco, senza dover poi osservare la quarantena al ritorno in Italia. Dove, peraltro, gli spostamenti restano vietati anche tra Comuni.
«Non si possono incontrare i propri cari, magari a pochi chilometri di distanza, ma è possibile prendere un aereo e farne migliaia per svago? Un controsenso che penalizza anche tutti gli operatori turistici e gli albergatori che da tanti mesi sono alle prese con forti perdite economiche. Spero si faccia presto chiarezza su questa assurda anomalia», scrive Bonaccini su Facebook. E sempre via social Corsini aggiunge: «I nostri operatori turistici sono costretti a sacrifici da un anno e viene permesso il turismo verso l'estero? Il danno oltre la beffa. Il Governo corra subito ai ripari».
Indignati gli operatori turistici ferraresi che, attraverso il presidente provinciale di Confesercenti, nonché presidente di Asshotel Ferrara, Nicola Scolamacchia, si dicono stanchi «di tollerare provvedimenti la cui ratio è minata da evidenti discriminazioni e ingiustizie».
Due le contraddizioni preoccupanti contenuti nella misura, sottolinea Scolamacchia: da un lato «si promuove il turismo all’estero, bloccando in contemporanea ogni forma di turismo in Italia. Dunque portiamo fuori soldi degli italiani, magari pagati dallo Stato con cassa integrazione, e obblighiamo di fatto l’intera filiera turistica italiana (ristoranti, hotel, campeggi,) a stare chiusa».
In secondo luogo, «esponiamo a un serio rischio sanitario l’intera nazione, vanificando gli sforzi che tutti i cittadini e gli imprenditori stanno facendo. Consentiamo alle persone di viaggiare per turismo, quindi non per motivi indispensabili, anche in Paesi lontani, dove le restrizioni possono essere ben più blande della nostre e con il rischio di importare anche varianti pericolose per la campagna di vaccinazione». E se dal dicembre scorso è consentito raggiungere le seconde case, come mai allora è vietato andare in un hotel, in un campeggio o in qualsiasi altra struttura ricettiva? si chiede Scolamacchia. «Sarebbe grave se si ritenessero le imprese turistiche meno sicure di un appartamento, considerando che l’intero sistema ricettivo sta applicando da ormai un anno protocolli di sicurezza onerosi e concordati con l’istituto superiore di sanità, il comitato tecnico scientifico e i ministeri, e che non ci è mai stata chiesta una revisione di detti protocolli».
Alla politica si chiede dunque di «svegliarsi e coordinare il suo operato per definire insieme con le categorie del turismo un percorso che rende possibile in tempi brevi e certi la circolazione delle persone, mantenendo la massima garanzia di salute per tutti». E se chi va all’estero si sottopone a tampone o test antigenico, conclude Scolamacchia, «se questa fosse una necessità, perché non renderlo possibile anche nel ricettivo italiano? Mai se ne è parlato né ci è stato chiesto, potremmo esser disponibili a discuterne. Senza considerare comunque che oggi si va nelle seconde case “liberamente”.Vogliamo poter lavorare, in sicurezza, a pari condizioni di chi già oggi svolge attività analoghe». —
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