Ferrara isola felice per giustizia veloce Tribunale e procura con organici pieni
L’apertura dell’anno giudiziario tra poche luci e tante ombre In regione, molti uffici scoperti e il vero allarme è sulla mafia
Fanno i conti con il personale che manca, tra le toghe e negli uffici. Con i processi arretrati e la giustizia che invece deve correre e che comunque il Covid non ha rallentato visto che nell’anno passato le pendenze (i processi da fare) si sono ridotte del 6. 2% davanti al collegiale e 12. 5% al giudice monocratico. Fanno i conti, soprattutto, sul fallimento dei riti alternativi (abbreviato e patteggiamento) introdotti nel lontano 1989 con la riforma del codice «per cui resta confermata l’inefficienza» di questi riti, nel senso che non servono da filtri, ma diventano una sorta di processi doppi. A elencare luci e ombre, poche le prime e tante le altre, è il presidente della Corte d’appello di Bologna Oliviero Drigani, ieri all’inaugurazione dell’anno giudiziario, e tra le tante parole anche il suo sfogo.
A ribadire che i giudici non sono «una banda di trafficanti intenti a fare inciuci in base ai quali si designano certe carriere e uffici. Così non è», riferendosi al caso Palamara e tanto altro. Ma è sulla velocità dei processi che si sofferma, evidenziando che la durata media è di nuovo aumentata da 540 a 591 giorni (collegiale) e da 453 a 554 (monocratico. Così elencando, però, non mette in luce un dato che emerge dai numeri delle attività, provincia per provincia: che svela, per l’ennesima volta, che Ferrara è ancora oggi una isola felice, anche in questi ultimi due anni difficili di pandemia con la gestione del presidente del tribunale Stefano Scati e del penale, Piera Tassoni a rinnovare quei piccoli record raggiunti in passato a Ferrara dai loro predecessori (i presidenti Maiorano e Savastano) .
Guardando i numeri, Ferrara è tra le prime sedi in regione in velocità dei processi, pendenze dei procedimenti, e soprattutto verso zero prescrizioni. Una isola felice che stride e di tanto sulle molte ombre che ieri Drigani prima e poi la procuratice Lucia Musti che regge la procura generale hanno evidenziato sui buchi di personale e le tante difficoltà. A Ferrara restano pochi i buchi negli uffici amministrativi, ancor meno tra i giudici e zero in procura (organici pieni) , mentre in altre città della regione, la situazione è difficilissima.
Mentre, a fronte delle tantissime migliaia di processi piccoli, aumentano quelli per corruzione e mafia: quelli per associazioni di stampo mafioso (da 19 a 24, tra questi anche quello sulla Mafia nigeriana) per i quali, spiega Drigani «a parte il loro numero, va anche segnalato un progressivo aumento della loro complessità, per numero di imputati e di imputazioni». Giustizia penale in affanno, dunque, per la quale «il male cronico è la sua lentezza non tanto ai tempi di effettiva trattazione dei processi, quanto ai tempi morti esistenti nei passaggi del procedimento da una sua fase all’altra».
E infine, tra i tanti problemi della giustizia penale quelli del carcere, cui Drigani ha dedicato un pezzo dell’intervento: a partire dal decremento dei detenuti, all’aumento delle misure alternative (fuori dal carcere) , Ma il problema (e lo abbiamo visto a Ferrara con i tanti casi di cronaca) sono le condizioni di vita all’interno degli istituti «stabilmente difficili e ciò rende sempre più problematico l’efficace svolgimento delle attività del trattamento, con una accentuazione del carattere afflittivo della pena e della sofferenza ad essa connessa». Il tutto incide «sulla sicurezza interna degli istituti, dove le condizioni di disagio tendono a moltiplicare conflitti rendendo non sempre agevole il mantenimento dell’ordine».
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