Accusa di tortura in carcere, versioni contestate dai testi della difesa
La dottoressa del carcere, uno dei testi principali della procura, dovrà essere riascoltata. Questo è uno dei primi processi in Italia contro agenti di Polizia penitenziaria, accusati del reato di tortura su un detenuto
Ferrara Hanno riferito circostanze che fanno traballare la versione dell’accusa, secondo cui la mattina del 30 settembre 2019 un detenuto del carcere dell’Arginone, Antonio Colopi, venne picchiato dagli agenti di polizia penitenziaria.
Ieri, nel corso uno dei primi processi per il reato di tortura celebrati in Italia, sono stati chiamati a testimoniare un altro poliziotto allora in servizio all’infermeria dell’Arginone, Vergura, e l’ispettore capo Roberto Tronca. Il primo lavorava appunto in infermeria, e ha dichiarato che poco prima delle 9 di quel 30 settembre di tre anni fa era arrivata una telefonata da Geremia Casullo, uno dei tre imputati insieme al collega Massimo Vertuani e, per falsi e favoreggiamento, all’infermiera Eva Tonini.
L’agente Casullo, ha detto Vergura, parlò con l’operatrice dell’infermeria e chiese l’intervento del medico perché un detenuto dei Nuovi Giunti stava male. Una versione che contrasta con quanto già testimoniato dalla dottoressa, che disse di essere passata per caso davanti alla cella di Colopi e di essere rimasta sconvolta perché era una maschera di sangue.
Tronca invece ha detto che fin dal 2017, quindi prima dei fatti al centro del processo, il detenuto aveva un dente scheggiato. Un danno che invece, secondo Colopi, sarebbe stato provocato dal pestaggio. Secondo la difesa, invece, furono gli agenti a essere aggrediti per primi dal detenuto, e la colluttazione che ne seguì fu la reazione a quell’attacco.
La giuria ha ritenuto necessario un approfondimento: alla prossima udienza, il 28 settembre, sarà riascoltata la dottoressa che aveva già testimoniato, sarà sentita l’infermiera citata da Vergura, oltre che il medico legale Mauro Martini, consulente tecnico della difesa.l
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