Caldo infernale, meno infarti più malori e scompensi cardiaci
L’attività della Cardiologia del Sant’Anna: dalle ablazioni alla nuova Tavi
Ferrara Con temperature a cavallo dei 40° l’organismo entra in sofferenza e si moltiplicano i malori che si scaricano su un sistema sanitario già messo a dura prova da due anni mezzo di pandemia. A Ferrara il servizio che assiste le persone in difficoltà, “Uffa che afa”, nelle prime settimane di attività, «ha registrato complessivamente circa 175 chiamate per 150 utenti giornalieri in carico, gestite da parte del personale di Cup2000, con 70 anziani che vengono chiamati regolarmente per tenere monitorata la situazione» precisa l’assessore comunale Cristina Coletti. In ospedale, al Sant’Anna, arriva una parte delle richieste di soccorso che spesso precedono il ricovero in Cardiologia. Il reparto è diretto dal professor Gabriele Guardigli, il professor Gianluca Campo è il responsabile dell’ambulatorio di emodinamica.
«Il caldo, soprattutto se prolungato, può causare vasodilatazione e disidratazione – spiega Guardigli – e in una provincia con un alto tasso di popolazione anziana l’effetto può essere un aumento di malori e ricoveri. In questi casi spesso si rende necessario adeguare la terapia, perché i diuretici utilizzati dai pazienti ipertesi possono causare un’eccessiva disidratazione». L’infarto, una delle principali cause di morte, è associato invece ad un quadro di vasocostrizione e tende ad essere più frequente d’inverno, osserva il professor Campo.
A Cona, aggiungono i due specialisti, si curano le aritmie (alterazioni del ritmo cardiaco), che possono essere trattate in vari modi: dall’insediamento del pace-maker (regolatore del battito cardiaco) all’ablazione (l’inattivazione degli impulsi elettrici anomali che generano un ritmo irregolare del cuore).
In Cardiologia, a Ferrara, si trattano l’infarto miocardico e la cardiopatia ischemica, si eseguono le coronarografie (1200-1300 all’anno) e l’angioplastica (la riapertura di un vaso occluso), lavorando in collaborazione con gli ospedali del Delta e di Cento. Gli interventi a cuore aperto vengono eseguiti in altri centri regionali specializzati . In una provincia “anziana” come Ferrara le aritmie colpiscono il 15% della popolazione over 80 e il 2-3% degli over 50. A Cona vengono eseguite circa 250 ablazioni l’anno (in genere con sedazione profonda), lo specialista di riferimento è il professor Matteo Bertini. La percentuale di successo nel trattamento della fibrillazione atriale è dell’85%, sottolinea il professor Campo. Guardigli aggiunge che anche la sindrome di “Wolf-Parkinson-White” (tachicardia parossistica) può essere curata con percentuali di successo fino al 95%: durante l’inverno scorso fu operato a Ferrara per questo disturbo un ragazzino di 16 anni sfuggito alla guerra in Ucraina.
Reparto misto Unife-ospedale, 20 medici (4 universitari, 16 ospedalieri), come tante altre strutture, la Cardiologia di Cona cerca di fronteggiare la carenza di specialisti «fidelizzando i giovani. La ricetta include anche la collaborazione con gli ospedali del territorio, come Cento, e di fuori provincia. L’obiettivo è dare le stesse chance al paziente che abita a Mesola e a quello che abita a Ferrara», commenta Campo. Il Covid, ovviamente, non ha aiutato ma l’allungamento degli orari degli ambulatori e la telemedicina hanno consentito di ridurre l’impatto sulla lista d’attesa. «Le persone oggi hanno meno paura di entrare in ospedale rispetto alle prime fasi della pandemia», annota Guardigli. Migliore organizzazione, formazione e tecnologia hanno dato risultati: l’infarto acuto causa una mortalità inferiore al 5% (negli anni ’80 era il 25%, ricorda il direttore), crescono però i casi di scompenso cardiaco. In questi mesi due specialisti del Sant’Anna, Carlo Tumscitz e Carlo Penzo, si stanno formando al Sant’Orsola per utilizzare al meglio una tecnica innovativa (Tavi, con accesso al cuore attraverso l’arteria femorale) per “riparare” la valvola aortica senza l’intervento a cuore aperto. l
Gi.Ca.
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