La crisi cambia il mondo dei paesi nel Ferrarese, tanti circoli storici senza gestori
Spese aumentate nella gestione, tesserati in calo e alla fine ci si arrende. E così le numerose chiusure mettono in difficoltà anche gli appassionati di biliardo
Davide Bonesi
Ferrara I problemi non sono figli del Covid, ma la pandemia ha dato (forse) la mazzata finale a un mondo che è andato avanti per decenni, segnando la gioventù di varie generazioni di ferraresi. E le difficoltà sono duplici: la principale legata al fatto che sempre meno persone sono disposte a prendere in gestione dei circoli (Arci quelli più diffusi ma non solo), la secondaria che in questo panorama i biliardisti (sia quelli che giocano a stecca che i “cugini” amanti delle boccette) faticano a trovare luoghi dove poter giocare e allenarsi per il campionato Uisp.
Lo abbiamo anticipato, i problemi dei circoli iniziano prima della pandemia. Innegabile che le abitudini delle persone siano cambiate, telefonini e piattaforme streaming allontanano le persone dai bar. Il caffé e l’aperitivo restano tappe obbligate, le lunghe ore a chiacchierare leggendo il giornale, giocando a carte o a biliardo lo sono sempre meno e a rimetterci sono i circoli. Poi, se vogliamo il Covid ha inciso anche “spaventando” i clienti più anziani con riduzioni dei tesserati nei circoli che in certi casi superano il 50%. A completare un quadro già di per sé tragico ecco l’aumento dei costi e le bollette alte che mettono in seria difficoltà il futuro di questo tipo di locali. E allora accade che i direttivi si dimettono e nessuno è pronto a subentrare, mentre per pareggiare i costi sempre più alti a fronte delle minore entrate vengono richieste quote maggiori ai biliardisti, i quali chiaramente si guardano in giro per trovare nuove sedi che li ospitano, se ve ne sono...
Le posizioni Difficile stabilire chi ha ragione, dal mondo dei biliardisti agonisti si racconta che certi circoli non pagano più neppure le spese di tesseramento a quelli che partecipano al campionato in rappresentanza del circolo stesso. Ma oggi la vera emergenza è che sempre più bar di questo tipo stanno chiudendo e soprattutto nei paesi sono un punto di aggregazione difficile da sostituire: «Purtroppo è tutto vero - ci dice Francesca Audino, presidente Arci Ferrara -, stiamo raccogliendo in maniera sempre più veloce le chiusure di circoli storici della provincia e gran parte di questi avevano come attività prevalente il biliardo. I problemi sono da una parte gli affitti alti, dall’altra le spese crescenti aggravate dal calo di associati; ecco spiegato perché i direttivi di gestione si svuotano».
La stessa presidente Arci conferma come il problema non è legato al Covid: «Le difficoltà andavano avanti da tempo e si sono acuite negli ultimi due anni. Le dinamiche da considerare sono diverse, pensiamo allo spopolamento a cui stiamo assistendo nella nostra provincia, l’aggregazione si riduce e così non c’è un ricambio. Ecco, il Covid ha accelerato tale processo».
Attenzione, però, un segnale positivo si può cogliere vedendo i circoli che vanno bene, ossia quelli che non si limitano ad aprire la porta per servire i clienti... «Dove ci sono attività collaterali le cose vanno meglio, fra gli Arci penso a Migliaro o anche a Ro con la nuova gestione».
L’anno scorso un Arci storico come quello di Formignana è diventato un bar normale (Memito) perché voleva aprire la distesa esterna in cui fare anche servizio cucina. Fra gli aspetti criticati ad Arci l’impossibilità di fare attività ristorativa continuata: «I nostri circoli sono enti del terzo settore e promuovono attività culturali con somministrazione bevande legata alle attività svolte. In passato accadeva che molti circoli di vari enti diventavano veri e propri ristoranti e non è ovviamente possibile. Ora per andare incontro alle esigenze dei nostri gestori stiamo cambiando questa impostazione, ma il servizio di cucina dev’essere comunque legato a un dato contesto e sempre previa comunicazione al Comune e tesserando tutti i presenti». l