Lady Oleandro e gli infusi di Renazzo
Celebre il precedente con tanto di libri per magia nera. Nel 2019 il caso Balboni
Ferrara “Lady Oleandro”. Questo il soprannome dato a Francesca Parmeggiani, la donna che tentò di avvelenare l’allora marito Marco Pirani con l’oleandro. Sì proprio la pianta ornamentale, opportunamente triturata e trasformata in infuso. Ecco, se si pensa a una morte per avvelenamento nella nostra provincia è inevitabile pensare al caso di Renazzo, scoperto quasi casualmente dall’uomo, che nell’aprile del 2011 venne ricoverato al Santissima Annunziata di Cento per problemi cardiaci e renali. Ricoverato, l’uomo non esitava a bere fino all’ultima goccia le bottigliette “d’acqua” che la moglie (oggi ex) gli portava all’ospedale. Peccato che quelle bottigliette fossero “corrette” all’oleandro. La moglie in ospedale era riuscita a fargliene bere almeno tre e altrettante erano state trovate a casa, in cantina, durante la successiva perquisizione, insieme a veleno per topi e libri di magia nera. A mettere gli inquirenti sulle tracce di “Lady Oleandro” era stata una telefonata “anonima” (la donna aveva confidato a un’amica i suoi propositi criminosi). Questa circostanza, unita al fatto che Pirani continuasse a peggiorare nonostante le cure in Terapia intensiva, aveva indotto i carabinieri a organizzare appostamenti in ospedale (vestiti con camici bianchi) e perquisizioni domiciliari. Il 29 aprile la donna era andata a visitare il marito portando l’immancabile bottiglietta, ma è stata fermata e con esso stoppato l’avvelenamento diciamo “a puntate”. Il rapporto ovviamente finì, lei patteggiò cinque anni di carcere, lui rimase ancora un mese in ospedale e portò a lungo i segni dell’avvelenamento.
Il copparese Diversa invece la vicenda di Vito Balboni, il 63enne originario di Copparo trovato morto nella propria auto in un parcheggio vicino Granarolo (Bo) il 9 novembre del 2019. L’uomo si era fidato di una coppia, quella formata da Rita Di Majo e Claudio Furlan, con cui ha iniziato a trascorrere sempre più tempo, fino a quel giorno in cui è uscito con i due in auto, assumendo un mix di farmaci opportunamente preparato della donna assieme a birra. Un mix purtroppo fatale, ma non in tempi brevissimi, anzi, il 63enne (che ha lasciato moglie e una figlia giovanissima) ha sofferto per alcuni giorni nell’auto, senza che nessuno dei due avvisasse anche anonimamente di quanto avvenuto per salvargli la vita. I due, intanto, con il bancomat rubato al copparese hanno iniziato a prelevare dei soldi, solo che una volta una telecamera della banca li ha inquadrati a viso scoperto, di fatto incastrandoli.
Il tribunale e poi la Corte di Appello di Bologna hanno condannato rispettivamente a 14 e 12 anni di carcere la donna e l’uomo, che nel frattempo si sono sposati, ovviamente a distanza essendo rinchiusi. Deciso poi un risarcimento per moglie e figlia del 63enne, essendo l’unico con reddito in famiglia. l
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