Ferrara, troppe bugie dalla figlia: ora il padre chiede i danni
Lei denunciò: sposa bambina in Marocco e musulmana per forza. Accuse tutte false: il padre arrestato ora chiede i danni allo Stato
Ferrara Il padre arrestato, disperato e amareggiato, aveva ripetuto con insistenza al giudice che lo interrogava dopo l’arresto improvviso: «non capisco perchè mia figlia mi accusi in questo modo, mai l’ho obbligata ad essere musulmana, mai l’ho obbligata a sposarsi in Marocco con il cugino, tantomeno a fare ciò di cui lei accusa me e mio figlio, suo fratello». Ossia, essere segregata in casa, minacciata di morte se non avesse seguito le regole dell’Islam, costretta a vivere con l’incubo del controllo di padre e fratello: «Se li denuncio mi uccidono» aveva detto a due poliziotti che lei avvicinò alla fine di novembre di due anni fa qui a Ferrara.
Per queste accuse, il padre finì in carcere, per il fratello scattò “solo” l’obbligo di non avvicinarla: era il dicembre 2021. Oggi, dopo un anno e mezzo, indagini e accertamenti, e poi riscontri sollecitati dall’avvocato difensore di padre e fratello, Matteo Sanzani di Bologna e ancora gli stessi riscontri cercati e trovati dagli inquirenti, è venuta a galla la verità: la assoluta estraneità del padre e del fratello, visto che le accuse sono tutte cadute, la loro posizione è stata archiviata, la ragazza accusata di calunnia e infine - epilogo di questa brutta vicenda giudiziaria- proprio oggi davanti ai giudici della Corte d’appello, come prevede la prassi, (vedi qui a fianco), è fissata l’udienza attivata dal padre contro lo Stato, per “ingiusta detenzione”: perchè arrestato e tenuto in carcere senza motivo o spiegazione validi.
A farlo arrestare furono le indagini attivate dopo i racconti della ragazza raccolti dalla Polizia di Ferrara: gli stessi ispettori della Squadra mobile cittadina che, applicando i tempi veloci e obbligati del Codice rosso, prima raccolsero indizi che ritennero veri, perlomeno sufficienti ai giudici per arrestare padre e “bloccare” il fratello. Poi, continuando le indagini, gli ispettori della Mobile trovarono quei riscontri - e va dato della neutralità e onestà degli inquirenti ferraresi - che hanno discolpato i familiari accusati dalla ragazza: nulla di ciò che lei stessa da poco maggiorenne aveva raccontato è risultato esser vero. Dal matrimonio forzato in Marocco con le prove di passaporti e biglietti aerei che non coincidevano, così come differenze temporali e di luoghi nei racconti della ragazza. Era stato lo stesso avvocato Sanzani a sollevare i primi dubbi sull’indagine, a chiedere un incidente probatorio, rilevando che l’ordinanza del giudice si basava solo sulle dichiarazioni della ragazza: senza riscontri esterni, quelli che poi l’avrebbero smentita. Dichiarazioni d’accusa della ragazza verbalizzate dagli inquirenti durante audizioni protette, con l’ausilio di psicologi, durate anche 10 ore: le indagini furono velocissime, poichè lo prevede il Codice rosso: che scattò dopo che gli agenti di una Volante di Polizia raccolsero le parole della ragazza che diceva di temere per la sua vita, che suo padre voleva riportarla a casa, minacciandola di morte se non avesse seguito le regole dell’Islam. Così le indagini scattarono d’urgenza, come appunto vuole il Codice rosso. E dopo aver raccolto le accuse della ragazza e ravvisato rischi e pericolosità per la sua incolumità, i giudici ritennero vere quelle dichiarazioni, arrestando il padre come cautela. Peccato che quelle accuse sono state smentite, i familiari archiviati e lei è invece accusata di aver detto il falso agli inquirenti, calunnia verso padre e fratello. l
Daniele Predieri
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