Portomaggiore, emergenza senza fine
Il territorio spita ancora 100 cittadini ucraini fuggiti dalla guerra. Al via corsi di supporto per le donne e di lingua per i bambini
Portomaggiore Se la fase dell’accoglienza non è facile, certamente più complessa è quella successiva. Il Comune di Portomaggiore fin da subito si è impegnato ad organizzare le misure più adeguate per fronteggiare l’emergenza umanitaria e rispondere ai primi bisogni dei cittadini provenienti dall’Ucraina, a seguito della crisi in corso. Il tempo è passato, c’è chi è tornato a casa e chi, invece, si trova ancora in Italia perché una casa non ce l’ha più. Ed una serie di misure vanno messe in atto per favorire l’integrazione. Dalla lingua, alla scuola, al lavoro. «La gestione dei servizi di supporto e integrazione dei cittadini stranieri nel territorio è per noi in questo momento una delle priorità - spiega il sindaco Dario Bernardi -. Abbiamo quindi aderito ad un progetto della Protezione civile che ha messo a disposizione dei fondi ai Comuni in base al numero di cittadini ucraini residenti sul territorio in seguito all’emergenza della guerra».
I fondi Per Portomaggiore l’importo è di 60mila euro. «In un primo momento abbiamo ospitato 150 persone - va avanti Bernardi -. Di queste qualcuno è rientrato, ma circa 100 sono ancora con noi e si tratta soprattutto di donne e bambini». Con i soldi messi a disposizione «abbiamo affidato un progetto di sostegno per le mamme e uno per i bambini». Nello specifico «ci siamo resi conto che per le mamme è necessario un sostegno psicologico oltre che l’avvio di attività varie». Lo scopo è quello di inserirle pian piano nel mondo del lavoro così da renderle quanto più possibile autonome nella gestione familiare. Per i bambini «si deve puntare sul potenziamento linguistico. In tanti inizieranno quest’anno le scuole elementari e quindi proprio ad inizio anno verranno proposti dei corsi mirati che abbracciano più campi, sia per quel che riguarda l’aspetto puramente didattico ma anche di intrattenimento». L’associazione di riferimento è la MondoDonna onlus. Se all’inizio dell’emergenza era dunque impellente offrire risposte ai bisogni primari delle persone in fuga, intervenendo sul sistema di accoglienza e mettendo a disposizione mezzi di sussistenza, col passare del tempo è cresciuta l’esigenza di promuovere dei percorsi di inclusione che favoriscano il reale inserimento degli sfollati e delle sfollate in Italia.
Il progetto coinvolge gli operatori pubblici e privati del mercato del lavoro, la rete dell’accoglienza e le aziende, costruendo percorsi personalizzati con orientamento, accompagnamento al lavoro ed esperienze di tirocinio. Ogni percorso è reso possibile da una dote individuale finanziata con fondi comunitari (come il Fondo asilo migrazione e integrazione e il Fondo sociale europeo), che paga i servizi degli operatori del mercato del lavoro, le indennità di tirocinio ai migranti e contributi per il tutoraggio alle aziende. l