Ferrara, accusata di aver soffocato il figlio: ad aprile le risposte dei periti
La corte d’assise chiede di valutare la capacità d’intendere e di volere
Ferrara La corte d’assise di Ferrara si riunirà nuovamente l’11 aprile per ascoltare cosa hanno da dire i periti del tribunale sulle condizioni psichiatriche di ieri e di oggi della donna di 31 anni imputata di aver ucciso, soffocandolo nel lettone, il proprio figlioletto di un anno, nella loro casa in via Degli Ostaggi.
Mercoledì 6 dicembre è stato conferito l’incarico ai due periti nominati dal tribunale: lo psichiatra Renato Ariatti e lo psicologo Marco Samory che avranno 90 giorni di tempo (a partire dall’inizio delle operazioni, fissato per l’8 gennaio) per depositare le loro conclusioni.
Nel mezzo, entro il 15 marzo, i consulenti di parte dovranno consegnare ai periti le loro osservazioni, in modo che via sia già conoscenza dei termini dell’eventuale contraddittorio e delle differenze di interpretazione. La difesa (avvocati Alessio Lambertini e Marcello Rambaldi) ha confermato l’annunciata nomina di Silvia Mazzanti e Alessandra Bramante, mentre la parte civile (il compagno dell’imputata, padre del bambino, assistito dall’avvocato Alessandro Gabellone) ha sciolto l’iniziale riserva e ha nominato come propria consulente la psicologa Erika Cuomo.
I due periti dovranno valutare se l’imputata fosse o meno - o lo fosse solo parzialmente - capace di intendere e di volere al momento del fatto, nonché se abbia la capacità di stare in giudizio, stanti le sue precarie condizioni psichiatriche, e se sia socialmente pericolosa.
Lo psichiatra forense Luciano Finotti, che venne incaricato di eseguire una consulenza dalla procura, identificò un vizio parziale di mente dovuto a un disturbo di personalità borderline e all’abuso di stupefacenti, sottolineandone anche la pericolosità sociale. Una consulenza della difesa ha invece sostenuto la presenza di un vizio totale di mente.
Il tragico fatto per il quale si procede venne scoperto al mattino del 17 giugno del 2021. All’arrivo dei carabinieri sul posto la donna, che versava in uno stato psicofisico precario (la sua era anche una situazione nota ai servizi sociali), si attribuì la responsabilità di aver ucciso il figlio, per poi negarla. Circa un mese prima del fatto aveva colpito al volto, vicino a un occhio, il suo compagno con un coltello.