Ferrara, i dati economici peggiorano
Pnrr nel mirino: «Non si favorisce il riequilibrio dei territori»
Ferrara La provincia di Ferrara continua a perdere occupati (4mila nel 2022), risultando fra le 106 aree italiane al sestultimo posto per crescita, a ridosso di Caltanissetta, Crotone e Nuoro; a livello turistico sulla città i dati si sono indeboliti rispetto al 2019; inoltre mancano sempre più giovani e manodopera, e la distribuzione delle risorse del Pnrr non sembra promettere niente di buono in termini di crescita futura, con una prospettiva in definitiva non proprio rosea per il territorio. A evidenziarlo i numeri dell’Annuario socio-economico ferrarese 2023 presentato ieri.
«Ferrara, bella addormentata», l’ha definita Andrea Gandini (direzione Annuario) spiegando come il territorio non sia capace di progettare a lungo termine. Qualche dato positivo comunque emerge: per quanto riguarda la manifattura come in tutta Italia nel 2022 e nel primo semestre 2023 le imprese crescono anche a Ferrara. Nelle prime 100 aziende con sede in provincia di Ferrara, diceva Gandini, dal 2013 al 2022 l’occupazione è cresciuta come nelle altre province limitrofe (+7.057 addetti), e dal 2020 al 2023 ancora +3.710 addetti. Questo anche perché l’imprenditoria locale è stata contaminata da imprese che locali non sono. Ma ci sono pure aziende in crisi come la Berco in ristrutturazione che dal 2013 al 2022 ha perso 714 addetti, o Stellantis con 1.220 addetti nel 2019 e 600 nel 2023, accanto ad altre in crescita come Brodolini. Bene anche le aziende del Basso Ferrarese. Un buon accordo, continuava Gandini, è stato quello di Luxottica con lavoratori senior in part-time ad assistere giovani assunti in full time, «un tandem di rilancio enorme». E, poi, c’è «il Petrolchimico che è stabile ma rischia un declino, dopo la chiusura del cracking di Marghera le condizioni sono infatti molto incerte».
Sono state evidenziate le criticità nel trovare personale perché mancano i giovani, pur nel paradosso di avere un’università da 30mila studenti per i quali però andrebbero potenziati tutta una serie di servizi (l’81% è infatti fuori sede) che permetterebbero peraltro di poter accogliere gli altrettanto numerosi studenti extra Ue attratti ogni anno dalla magistrale in green economy, come sottolineava per esempio il professor Massimiliano Mazzanti (direttore del dipartimento di economia e management e delegato Pnrr a Unife).
Anche la distribuzione delle risorse del Pnrr sul territorio, con le zone più povere a ricevere meno risorse rispetto ai territori più ricchi e con pochissime eccezioni, è stata presentata ieri come la dimostrazione di una scarsa lungimiranza. I numeri li ha dati il professor Aurelio Bruzzo, già afferente al dipartimento di Economia e management di Unife. Confrontando infatti la distribuzione del reddito pro capite fra le province dell’Emilia Romagna con le quote pro capite delle risorse del Pnrr si evince un disallineamento, rispetto perlomeno all’obiettivo di sviluppare i territori più povere.
«La funzione trasversale attribuita al Pnrr – diceva Bruzzo – di favorire il riequilibrio dei divari territoriali non sembra realizzarsi. Uniche eccezioni sono costituite dalla provincia di Ferrara e dal comune di Goro: ma in entrambi i casi l’esito non sembra attribuibile ad una consapevole volontà di perseguire la finalità trasversale piuttosto al ruolo dominante esercitato, a livello locale, dal comune di Ferrara a scapito di altre realtà territoriali che poi sarebbero quelle da privilegiare nelle attribuzioni. Tutto anche a causa della mancanza di un soggetto istituzionale con una funzione di coordinamento».
Per Manuela Coppari (Provincia) che ha parlato del Piano Territoriale di Area Vasta Ferrara è più una Cenerentola dove «i vuoti possono diventare strategici». l
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