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Balboni (Fdi): «Leggi bavaglio? No, privacy e diritti dell’indagato»

Balboni (Fdi): «Leggi bavaglio? No, privacy e diritti dell’indagato»

Diffamazione, sulla multa da 50mila euro: «Colpisce chi pubblica fake news e lo sa». I “paletti” all’informazione: «Ma anche l’Europa tutela la presunzione di innocenza»

02 febbraio 2024
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Ferrara Alberto Balboni, avvocato ferrarese, 64 anni, è un politico di lungo corso, punto di riferimento di Fratelli d’Italia nel Ferrarese. Ha rivestito incarichi elettivi nel consiglio comunale di Ferrara, nel consiglio regionale dell’Emilia Romagna e nel Senato della Repubblica, dove è stato vicepresidente della Commissione Giustizia. In questa legislatura guida la 1ª Commissione, Affari costituzionali.

Senatore Balboni, dalla legge Cartabia in poi, passando per la proposta di riforma del reato di diffamazione, di cui lei è il primo firmatario, e per la cosiddetta “legge bavaglio”, che vieta la pubblicazione delle ordinanze cautelari fino alla conclusione delle indagini preliminari, sembra emergere una linea che porta dritta verso un risultato: impedire che “certe” notizie arrivino ai mezzi di comunicazione.

«Non è così. Partiamo dal disegno di legge sulla diffamazione. Nella legislatura precedente la Commissione Giustizia ha definito un testo, votato allora all’unanimità, che recepisce anche alcune indicazioni della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo (Cedu) e della Corte costituzionale: evitare le pene detentive sui reati di opinione e tutelare il principio della presunzione d’innocenza. L’iter si è fermato per la conclusione della precedente legislatura, io ho ripresentato il testo pari pari in questa legislatura. Niente carcere, quindi, per il reato di diffamazione. Inoltre chi ha commesso un errore può evitare le conseguenze penali pubblicando una rettifica. Oggi non è così».

Sì, ma si parla anche di sanzioni fino a 50mila euro. Oggi per i giornali, che stanno vivendo una crisi epocale, possono anche significare la scelta di non pubblicare una notizia ritenuta vera (un giornale può avere molti contenziosi, anche per querele temerarie). Il rischio è di paralizzare l’informazione usando la leva economica.

«Sull’importo della maxi-multa si è fatta confusione. Per una diffamazione “ordinaria” si va da 5mila 10mila euro, il giudice tende solitamente ad applicare la sanzione più vicina al limite inferiore, poi ci sono le attenuanti generiche che abbassano di un terzo la pena e, se si sceglie il rito abbreviato c’è un altro terzo di sconto. Partendo da 5mila euro arriviamo a poco più di 2mila euro. Decidono il destino di un giornale?».

Andiamo al sodo. I 50mila euro.

«È la sanzione prevista per i casi eccezionali, quando il giornalista pubblica volutamente una notizia falsa e diffamatoria per distruggere la reputazione di una persona. E comunque la sanzione va da 10mila a 50mila euro. Se rifacciamo il conto con rito alternativo e attenuanti generiche torniamo a poche migliaia di euro. Ma se pure fossero 20mila, per una notizia falsa e diffamatoria pubblicata volontariamente, sarebbero davvero troppi?»

Se la mettiamo su questo piano no. Ma i 50mila euro agiscono come una spada di damocle e non sempre la verità o falsità di una notizia può essere definita a priori in modo così chiaro. E allora la multa, minacciata magari in più contenziosi, rischia di frenare l’attività di chi deve informare. E non perché il giornale non creda nella notizia.

«Facciamo l’ipotesi che l’importo massimo venga abbassato a 30mila euro. Io continuo a ritenere che una sanzione per questi casi debba essere prevista».

La legge Cartabia ha irrigidito i rapporti delle procure con l’informazione (a Ferrara abbiamo avuto il “black out” dell’omicidio del Big Town), i 50mila euro ispirano cautele, poi c’è “la legge bavaglio” e Nordio che intende regolamentare al ribasso le norme sulle intercettazioni. Davvero non si punta a silenziare i media? E i controlli smantellati (quello preventivo della Corte dei Conti sui progetti Pnrr, l’abuso d’ufficio abolito)?.

«L’idea è di bilanciare meglio i diritti, all’informazione ma anche alla presunzione di innocenza e alla tutela della privacy (se la persona intercettata non ha commesso reati ed è estranea all’indagine perché deve finire sul giornale?). Per la questione intercettazioni, quelle per i reati più gravi restano. Vengono innalzate le pene per altri reati in modo che possano essere applicate anche in altri casi. Relativamente ai controlli preventivi sui progetti Pnrr, possono essere fatti ex post. Ma i progetti devono essere completati entro il 2026, c’è poco tempo. Per l’abuso di ufficio, la richiesta arriva dall’Anci presieduta da un sindaco di centrosinistra, De Caro».

Un dubbio. Non è che sul diritto di informazione vi state scaldando perché c’è una schiera di parlamentari, sottosegretari e ministri di centrodestra indagati (Delmastro, Santanché, Salvini, Sgarbi, Pozzolo)?

«Pozzolo, al di là di quanto stabilirà la magistratura, non poteva portare con sè la pistola. È stato sospeso dal partito e dal gruppo parlamentare. Le inchieste sono in corso, ma nonostante i timori da lei espressi fino ad ora non mi sembra che su quei casi l’informazione sia mancata. Anzi».

A Ferrara c’è il caso piuttosto raro del sindaco, Alan Fabbri, che ha querelato un giornalista, Marco Zavagli, per un articolo critico sulle risorse destinate alla comunicazione.

«Io rispetto il ruolo dei giornalisti, se hai scritto una sciocchezza ti chiamo e ne parliamo. Cambio atteggiamento se qualcuno mi insulta. Comunque siamo in democrazia, si può criticare e anche chiedere al giudice se la critica ha superato i limiti entro cui può essere esercitata».

Gi.Ca.

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