La Nuova Ferrara

Ferrara

In aula

Cento, il “carosello” per frodare il fisco: fatture false per non pagare l’Iva

Daniele Oppo
Cento, il “carosello” per frodare il fisco: fatture false per non pagare l’Iva

In dieci a processo, devono rispondere di associazione a delinquere

2 MINUTI DI LETTURA





Cento Frode carosello, così le chiamano. Società di vendita in Asia, società “cartiere” e “filtro” nei Paesi dell’est Europa e in Italia, a Cento e Ferrara. Soldi veri: 150 milioni di euro in fatture false, 30 milioni di evasione dell’imposta sul valore aggiunto (Iva) tra 2015 e 2018.

Si è aperto ieri davanti al giudice dell’udienza preliminare Carlo Negri il procedimento a carico di dieci imputati italiani e stranieri accusati dalla Guardia di finanza di Cento e Ferrara e dalla Procura di Ferrara di aver messo in piedi un’associazione a delinquere finalizzata a frodare il fisco italiano tramite operazioni transnazionali inesistenti e false dichiarazioni, il tutto con uno schema complesso di società. Talmente complesso che ieri il giudice ha chiesto alla procura di riformulare in maniera più chiara e dettagliata le imputazioni prima di procedere oltre, aderendo in questo a una delle eccezioni sollevate dalle difese, respingendo invece quella sull’incompetenza territoriale del tribunale estense anziché di quello di Milano.

La vicenda venne a galla nell’ottobre 2018, con la denuncia da parte della Finanza di 12 (e poi 13) persone per associazione a delinquere. Indagati sia romeni (10 in tutto, tre posizioni stralciate perché non individuati), che tre italiani.

Secondo l’accusa sostenuta dalla pm Isabella Cavallari si erano organizzati per costituire società sia in Italia che all’estero per dare vita a un sistema nel quale venivano emesse fatture per operazioni inesistenti legate all’importazione di prodotti tecnologici - come hard disk, schede di memoria o lampade Led - da società con sede a Hong Kong o Taiwan e che passavano per aziende “filtro” in Bulgaria, Slovenia, Moldavia, poi tramite una “cartiera” moldava e poi per altre “filtro” italiane, alcune di queste insediate nel Centese e a Ferrara.

Questi giri erano in realtà fittizi (il “carosello”), perché la merce non si spostava dal punto di arrivo e prima della vendita al dettaglio, ma la produzione di fatture e di finti scambi commerciali, permetteva alle società di produrre false dichiarazioni ai fini Iva, che non pagavano per importi risultati milionari.

Si ritorna in aula il 24 settembre.