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Ferrara, l’addio del vescovo a monsignor Bentivoglio: «Caro don Antonio, lasciaci in eredità la tua predilezione per i poveri e per gli ultimi»

Ferrara, l’addio del vescovo a monsignor Bentivoglio: «Caro don Antonio, lasciaci in eredità la tua predilezione per i poveri e per gli ultimi»

L’omelia di monsignor Perego ai funerali dell’ex cappellano del carcere dell’Arginone morto a 86 anni dopo una vita spesa a fianco dei diseredati

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Ferrara Ecco il testo dell’omelia del vescovo Gian Carlo Perego per i funerali di Monsignor Bentivoglio

“Io so che il suo comandamento è vita eterna”. Cari fratelli e sorelle, cari confratelli, il comandamento a cui Gesù si riferisce nella pagina evangelica di Giovanni che abbiamo ascoltato è il comandamento dell’amore, sintesi della fede cristiana. La morte di Cristo svela l’affidabilità totale dell’amore di Dio alla luce della sua Risurrezione. “In quanto risorto – ci ha ricordato papa Francesco nell’enciclica Lumen fidei - , Cristo è testimone affidabile, degno di fede (cfr Ap 1,5; Eb 2,17), appoggio solido per la nostra fede” (L.F.17). Le parole di amore di Gesù nel Vangelo di oggi, in questo tempo pasquale, tempo di risurrezione e di vita, illuminano il nostro cammino di vita cristiana, che ha come conclusione la vita eterna e ci aiutano ad accompagnare oggi il nostro caro confratello don Antonio, che gode per sempre della pienezza della vita, della vita eterna. Una vita eterna che è arrivata al termine di un cammino di ministero presbiterale durato 58 anni, carico i gesti di amore a Dio e al prossimo. Un ministero dedicato ai fedeli nelle comunità di Bondeno, dove ha dedicato i primi due anni del suo ministero, per poi guidare come parroco per sedici anni le comunità di Stellata e di Scortichino, con passione e vicinanza ai ragazzi, ai giovani e alle famiglie, con una particolare attenzione a chi viveva una situazione difficile, per accompagnarli all’esperienza della fede in una terra al confine della Diocesi, curando in particolare la scuola materna, terminando la costruzione della chiesa parrocchiale di Scortichino, consacrata nel 1980 dall’Arcivescovo Franceschi, mio amato predecessore. Ripercorrendo quegli anni di ministero parrocchiale di don Antonio comprendiamo la pagina degli Atti degli Apostoli in cui si ricorda come “la parola di Dio cresceva e si diffondeva” grazie a Saulo e Barnaba. E comprendiamo anche che come i discepoli Saulo e Barnaba “compiuto il loro servizio a Gerusalemme tornarono”, così don Antonio, compiuto il suo servizio a Scortichino è tornato nella sua città di Ferrara per servire questa Chiesa Cattedrale come canonico, Penitenziere e cerimoniere, per 30 anni, regalando a questa nostra Cattedrale - che è riuscito a vedere riaperta dopo cinque anni - tempo, dedizione e cura, contribuendo anche con le sue risorse ad alcuni lavori di restauro. La nostra Chiesa di Ferrara-Comacchio sarà sempre grata a don Antonio per questo servizio alla Chiesa Madre, fatto con semplicità di cuore, ma anche con intelligente cura, con fedeltà, aperto all’ascolto e al dono del perdono per tutti coloro che si rivolgevano a Lui, fino ad oggi, fino alla fine. Al ministero presbiterale in Cattedrale per 28 anni don Antonio unirà un particolare servizio pastorale, quello dei detenuti nel carcere circondariale della nostra città. L’invito del Signore “ero carcerato e sei venuto a visitarmi” ha trovato sempre in questi anni don Antonio pronto ad accoglierlo. Sono numerose le testimonianze che ho potuto raccogliere in questi anni della cura particolare, non facile, che don Antonio aveva per i detenuti: ascoltandoli da padre, rispettandoli come fratelli, cercando ogni modo per favorire anche un cammino rieducativo. Per questo anche fonderà e sarà Presidente dell’Associazione “Noi per loro”, per coltivare in particolare la responsabilità dei cristiani nei confronti dei fratelli detenuti. Don Antonio ha interpretato ciò che papa Francesco ha ricordato ai Vescovi italiani e ai referenti sinodali nell’ultima Assemblea generale, che cioè scontare la pena può diventare per un detenuto occasione per "cominciare una vita nuova" e la comunità cristiana "è provocata a uscire dai pregiudizi, a mettersi in ricerca di coloro che provengono da anni di detenzione, per incontrarli, per ascoltare la loro testimonianza" (25.5.2024). Anche la particolare cura avuta per la cappella del carcere, coinvolgendo il sacerdote e pittore don Patruno, i volontari di parrocchie e associazioni e movimenti, sono il segno di come in chiesa, attorno all’Eucaristia, s’impara ad essere fratelli. L’amore agli ultimi di don Antonio non si è fermato solo ai carcerati, ma ha raggiunto anche le loro famiglie, soprattutto le famiglie più povere, italiane e straniere, con una predilezione per i bambini più poveri, perché avessero pari opportunità rispetto ai loro coetanei. A loro, ai più piccoli, per volontà testamentaria, andranno soprattutto le risorse del suo patrimonio, interpretando le parole di Gesù che chi ama e difende i più piccoli meriterà il Regno dei cieli. Caro don Antonio, lasciaci in eredità la tua predilezione per i poveri e per gli ultimi, il tuo sorriso sempre confortante, il tuo amore a questa nostra Chiesa Cattedrale. La luce del cero pasquale ti accompagni a incontrare Dio Padre, suo Figlio Gesù e lo Spirito d’amore nei quali hai creduto. E Dio, ricco di misericordia, ti accolga per sempre nella sua casa, come servo buono e fedele, in compagnia di Maria nostra Madre, tante volte in questa Cattedrale da te invocata come Madonna delle grazie. Così sia.