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L’indagine

Ferrara, maxi truffa con le auto sottoposte a fermo amministrativo

Daniele Oppo
Ferrara, maxi truffa con le auto sottoposte a fermo amministrativo

Quattro indagati, la Procura chiede il sequestro di 250mila euro ma il giro d’affari potenzialmente illecito salirebbe a 4 milioni di euro

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Ferrara Se l’ipotesi investigativa della Procura di Ferrara dovesse trovare una conferma, la truffa ai danni delle pubbliche amministrazioni ammonterebbe a quasi quattro milioni di euro. Realizzata in una maniera innovativa, con pochi o nessun precedente anche a livello giurisprudenziale: l’acquisto di automobili sottoposte a fermo amministrativo e la successiva rivendita in nero, anche all’estero, soprattutto in Romania e Germania, senza alcuna comunicazione al Pra, il Pubblico registro automobilistico. E così le pubbliche amministrazioni che in quelle auto pretendono di avere una garanzia dei loro crediti, si ritroverebbero ora – e soprattutto nel caso volessero azionare quella garanzia – con un pugno di mosche in mano.
 

Ieri (2 maggio) il tribunale del riesame di Ferrara ha preso in mano il caso, dopo l’appello del pubblico ministero Andrea Maggioni contro l’ordinanza del primo giudice che ha rigettato la richiesta di sequestro preventivo per equivalente di circa 250mila euro a carico di quattro indagati (tre uomini e una donna) per truffa aggravata ai danni dello Stato, ritenendo non sostenibile l'impostazione accusatoria. Il tribunale – giudici Piera Tassoni, Marco Peraro e Giovanni Solinas – si è riservato la decisione.
 

Per il primo giudice addirittura non vi sarebbe il “fumus” del delitto, ovvero non vi sarebbero gli elementi concreti per ritenere probabile la commissione del delitto contestato. Secondo la Procura invece quegli elementi ci sono eccome: i quattro indagati – imparentati e titolari di aziende alla fine riconducibili a una sola “azienda madre” – tra il 2016 e il 2022 avrebbero pianificato un sistema fraudolento per acquistare auto sottoposte a fermo amministrativo (una pratica consentita) al fine di ricavarne pezzi di ricambio e poi avrebbero nascosto l’esistenza del fermo nell’atto di vendita all’estero (pratica vietata) di circa 160 macchine, generando così un ingiusto profitto pari, come minimo, a circa 250mila euro, calcolato sul prezzo di acquisto delle auto. Solo una frazione dell’intero volume d’affari considerato non lecito e calcolato in poco meno di quattro milioni di euro: per la procura le società sotto indagine avrebbero acquistato oltre 500 veicoli, 350 circa dei quali risultano essere ancora di loro proprietà. Ma di poco meno di 190 di essi non si consce il destino, spariti nel nulla; gli altri sono quelli venduti all’estero.