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Bondeno, femminicidio di Rossella Placati: definitivo l’ergastolo a Saveri

Daniele Oppo
Bondeno, femminicidio di Rossella Placati: definitivo l’ergastolo a Saveri

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della difesa. La donna uccisa nel febbraio del 2021

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Bondeno È diventata definitiva la condanna all’ergastolo per Doriano Saveri, condannato sia dalla corte d’assise di Ferrara che dalla Corte d’assise d’appello di Bologna per il femminicidio di Rossella Placati, la donna uccisa nella sua abitazione in via Borgo San Giovanni, nella notte tra il 21 e il 22 febbraio del 2021. La Cassazione, ieri sera, ha rigettato il ricorso presentato dalla difesa dell’imputato, gli avvocati Pasquale Longobucco e Alessandra Palma, accogliendo le richieste di rigetto avanzate sia dal procuratore generale che dalle parti civili: i figli di Placati (assistiti dall’avvocato Riccardo Caniato) e l’Udi. Non vi hanno invece preso parte le due sorelle e il Comune di Bondeno (assistiti dall’avvocato Filippo Maggi).

Saveri era al tempo l’ex compagno della vittima e viveva ancora nell’abitazione nonostante fosse stato “cacciato” di casa dopo l’ennesimo pesantissimo litigio. In quei mesi, giova ricordarlo, erano in vigore ancora le restrizioni alla libertà di movimento dettate per fronteggiare la pandemia di Covid-19. Secondo quanto ricostruito nell’indagine dei carabinieri coordinati dal sostituto procuratore Stefano Longhi, Placati venne prima colpita con estrema violenza al capo, probabilmente con un martello, e poi accoltellata al petto.

«L’assassino -scrivevano i giudici dell’appello - è emerso aver utilizzato due diversi attrezzi atti ad uccidere, con overkilling, nell’ambito di una azione apparentemente ben programmata». I riflettori sono stati puntati fin da subito su Saveri, che il mattino successivo dopo aver “scoperto” il cadavere della Placati al piano di sopra dell’abitazione, non chiamò i soccorsi ma si recò direttamente nella stazione dei carabinieri, asserendo di non essere stato lui l’autore. Gli indizi, le tracce dei suoi spostamenti, alcuni comportamenti e dichiarazioni rese alla figlia, alla ex compagna e anche alle sorelle di Placati, nonché dichiarazioni rese a dei compagni di cella (uno in particolare, il pentito Antonio De Carlo, detto Tonino spara-spara, a cui raccontò dettagli dell’omicidio, con tanto di piantina dell’appartamento) hanno portato a individuare Saveri come unico possibile responsabile di un omicidio molto cruento - un «massacro», lo definì il pm Longhi - dettato da ragioni di vendetta, come motivò la corte d’assise di Ferrara.

Una vendetta perché Saveri si era sentito diffamato da Placati, avendole spiato il telefonino e letto le chat della donna con amici e amiche nelle quali si lamentava di una convivenza divenuta ormai impossibile e del fatto che l’uomo fumasse marijuana. La brutale uccisione della donna è stata dunque un «atto intensamente, profondamente, voluto come dimostrato dalla rapida e spietata azione omicidiaria, che non ha lasciato scampo alla vittima». Il numero esagerato di colpi inferti alla donna, scrivevano sempre i giudici di primo grado, sono la dimostrazione che Saveri «non solo voleva ucciderla: voleva eliminare colei che era divenuta la fonte della sua disperazione, della sua rovina, del suo stato di “demolizione” interiore come dal medesimo definito, lasciandolo senza un futuro»

«Si è chiusa una pagina triste e dolorosa che ha visto una tragica fine per una donna, mamma di due figli. La sentenza non potrà mai riportarla in vita ma almeno ha restituito giustizia a due poveri ragazzi», commenta l’avvocato Caniato.

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