Corporeno, condannato a cinque anni per la rapina in villa
Chiuso il processo anche per il terzo membro della banda. Aveva sostenuto che il giorno del colpo era in Albania, ma senza prove
Corporeno La storia del viaggio in Albania mentre veniva compiuto la rapina in una villa di Corporeno di Cento, con il cellulare dimenticato su un furgone e che, fatalità, proprio in quelle ore agganciava la cella telefonica vicina alla casa, non sembra essere stata sufficiente a convincere il tribunale collegiale di Ferrara. Anche perché mancava di supporto probatorio. E così, ieri mattina, è arrivata la condanna a cinque anni di reclusione e 2.500 euro di multa per Ilir Musai, 47enne albanese, ultimo imputato rimasto da giudicare per la rapina avvenuta il 13 giugno del 2020 a Corporeno. Musai dovrai anche risarcire il danno alle parti civili, marito, moglie e bambini assistiti dall’avvocato Gabriele Bordoni, alle quali dovrà pagare una provvisionale immediatamente esecutiva di 5mila euro ciascuno.
Quel 13 giugno fu un giorno di terrore per la famiglia per colpa di una “banda bassotti”, maldestra come quella dei fumetti. Verso le 6 del mattino due uomini travestiti da operai, col volto coperto da un passamontagna, pistola e piede di porco in mano si presentarono alla porta della villetta, intimando di aprire subito. Moglie, marito e due figli che al tempo avevano 8 mesi e 5 anni non diedero corso alla richiesta e così i banditi infilarono una forbice tra i due battenti per cercare di scardinare il portoncino. Non ci riuscirono perché nel frattempo era stato dato l’allarme ai carabinieri e un complice, che faceva da palo, avvisò i due rapinatori della pattuglia in arrivo. La famiglia si era rifugiata sul tetto, passando per la botola della mansarda, piena di paura, soprattutto per i due bambini.
I carabinieri catturarono subito i primi due: uno mentre fuggiva, l’altro nel prosieguo delle indagini. Il bottino lo avevano abbandonato nelle fuga: bidoni di vernice, un cric, una recinzione metallica, un tosaerba caricati sul furgone di proprietà della famiglia assalita.
Musai, secondo la ricostruzione accusatoria, era proprio uno dei due assalitori che aveva agito a volto coperto nella villetta. Il basista, Carmine Perri, a
veva patteggiato e aveva anche tentato di tirare in ballo il padrone di casa, in un tentativo forse di screditarlo, comunque non andato a segno. Giudicato e condannato separatamente anche l’altro imputato, Luca Bonetti.Musai, chiamato in causa da uno dei suoi complici, l’anno scorso provò a tirare fuori l’asso nella manica: lui non aveva partecipato alla rapina e non poteva averlo fatto perché il 13 giugno era in Albania, dove aveva un negozio di abiti e scarpe usate. Solo che c’era il suo telefonino su un furgoncino Ducato bianco che quel 13 giugno si spostò da Savignano sul Panaro, dove era parcheggiato, e proprio in quel mattino agganciò la cella telefonica di Corporeno, a due passi dalla villetta del colpo.