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Dosso, ricicla soldi della truffa: condannato a cinque anni

Daniele Oppo
Dosso, ricicla soldi della truffa: condannato a cinque anni

Pesante condanna all’imprenditore Stefano Anselmi per le varie operazioni. Accusato di aver ripulito parte del provento del raggiro sui fondi post sisma

27 giugno 2024
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Dosso Una condanna più dura di quella richiesta da pubblico ministero. Cinque anni di reclusione, anziché quattro anni e mezzo per Stefano Anselmi, 59 anni, imprenditore accusato di riciclaggio di denaro ottenuto con una truffa sui fondi per la ricostruzione post-sisma ai danni della Regione Emilia-Romagna, costituitasi parte civile. Ieri la pronuncia del tribunale sulla vicenda costola del primo processo aperto a Ferrara per una delle tante truffa ai danni della gestione commissariale per la ricostruzione post terremoto del maggio 2012. In questo caso si trattava dei fondi richiesti dall’azienda Far di Dosso, che aveva davvero subito dei danni a causa del terremoto ma, come ormai appurato in una sentenza passata in giudicato, in mezzo ai quei danni vennero aggiunte fatture per opere oggettivamente inesistenti e mai realizzate emesse dalla società La Fenice. In tutto si parla di 630mila euro. In quel processo, in cui era imputato anche Anselmi, vennero condannati per truffa allo Stato i legali rappresentanti di entrambe le società, mentre Anselmi venne assolto perché emerse che non aveva rivestito il ruolo di amministratore di fatto de La Fenice. Gli atti però ritornarono in procura affinché Anselmi venisse indagato per l’ipotesi di riciclaggio di 150mila euro. Secondo quanto ricostruito dalle indagini della guardia di finanza e della procura, era alle società di Anselmi che La Fenice aveva versato una parte dei soldi ottenuti con la frode e lui poi li aveva distribuiti a una serie di altre società, secondo uno schema non troppo complesso: La Fenice aveva versato 150mila euro sul conto della Global Solutions Srl di Anselmi, come pagamento di una caparra per un contratto preliminare di vendita di un immobile poi mai definitivamente acquistato. Quella compravendita era fittizia, e in realtà la Global Solutions stava facendo da deposito dove custodire una parte del provento della truffa (altri versamenti vennero effettuati a un’altra società, la Omnia Italia, come emerse nel primo processo). L’imputato poi avrebbe provveduto a spezzettare gli importi, versandoli, tra settembre e ottobre del 2013, nei conti di una serie di società, tutte a lui riconducibili: 19.684 euro alla Infofashion Company in tre rate; 25mila euro alla Garanse Ltd; 80.284 alla Infotex Srl (anche in questo caso in tre tranche). E poi 1.500 euro per sé stesso.