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L’allarme

Porto Garibaldi, la mucillagine minaccia la pesca: trema anche il turismo

Katia Romagnoli
Porto Garibaldi, la mucillagine minaccia la pesca: trema anche il turismo

Il mare è pulito, ma le reti si riempiono dell’alga

29 giugno 2024
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Goro e Porto Garibaldi Tra i pescatori, preoccupati per l’espansione della mucillagine nell’Alto Adriatico, comincia a farsi avanti l’ipotesi di un fermo pesca anticipato, per evitare di uscire in mare rischiando di danneggiare le eliche e i motori dei pescherecci, riempiendo le reti solo di alghe gelatinose. Nonostante le ultime mareggiate, la situazione in mare non è cambiata viene lanciato un primo grido d’allarme.

L’apprensione, anche nelle marinerie di Goro e Porto Garibaldi per un fenomeno che, dopo l’emergenza granchio blu, sta interessando le coste friulane, venete e romagnole e, in modo meno significativo anche quelle emiliane. «Non si riesce più a pescare – è lo sfogo di Mauro Gennari, pescatore a strascico gorese, presidente della cooperativa Isperia -; il mare era l’unica alternativa alla Sacca e alle vongole dopo l’arrivo del granchio blu, ma ora siamo alle prese con un’altra emergenza. Occorre una soluzione rapida. Giovedì notte ho fatto un sondaggio fra tre distinti fondali, con 3 calate da 20 a 8 metri di profondità, ma la mucillagine è ovunque. Cominciamo a pescare pesci morti e questo è un segnale di anossia, perché queste alghe si ammassano come un gel e si depositano sui fondali, ma galleggiano anche in superficie».

Da 3 a 8 miglia i pescherecci di Goro e Porto Garibaldi si imbattono sempre più frequentemente in banchi di alghe gelatinose che rischiano pure di compromettere la navigazione, come è successo nella notte tra giovedì e venerdì allo stesso Mauro Gennari. «Ho dovuto fermarmi in mare aperto, perché si era bruciata la ventola di raffreddamento del motore e si era danneggiato il filtro dell’acqua – prosegue Gennari -; saliva la temperatura del motore». Prima di ripartire, dopo esperienze simili, i pescatori sono costretti a ripulire tutto, per non incappare in rischi maggiori. «Non ne parla nessuno – esclama il pescatore -, ma non possiamo continuare ad uscire in mare, per sostenere solo costi, tra caro gasolio, sempre oltre l’euro al litro, i costi per il secondo marinaio imbarcato, costi a cui si sommano ora quelli per i danni provocati dalla mucillagine».

Anche i turisti a bordo delle motonavi per la pesca sportiva allo sgombro o diretti all’esplorazione delle oasi naturali nel Delta del Po, stanno notando il fenomeno e chiedono informazioni e la domanda più ricorrente riguarda l’eventuale pericolosità delle matasse viscide e gelatinose che coprono la superficie del mare. Non c’è nessun rischio di inquinamento ed è bene evidenziarlo.

È un fenomeno naturale condizionato da diversi fattori, come ha spiegato, nei giorni scorsi, Diego Viviani, nuovo presidente del Centro Ricerche Marine di Cesenatico, tra i quali la temperatura dell’acqua e le mareggiate. Le associazioni di categoria si stanno mobilitando e come osserva Vadis Paesanti, vice presidente regionale di Federagripesca Confcooperative, «la situazione è drammatica, soprattutto in alcune zone e a qualche miglio dalla costa, in Veneto e dalla Romagna in giù. Il Delta del Po interessato dalla fiumana, cioè dalla piena del Po, tiene ancora. Sono partite già due richieste di incontro, la prima al ministero, alla Regione, all’Arpae e la seconda di giovedì, indirizzata alle tre regioni del distretto di pesca, oltre alle Marche. Abbiamo avuto modo di sentire la Regione e gli assessori regionali, per cui auspichiamo di avere già lunedì la data per l’incontro con loro, di concerto con la direzione generale del ministero».