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La sentenza

Ferrara, l’ex direttore di Area dovrà risarcire 705mila euro

Alessandra Mura
Ferrara, l’ex direttore di Area dovrà risarcire 705mila euro

L’ex direttore Bellinazzo dovrà pagare per i danni economici e di immagine. La Corte dei Conti ha respinto il ricorso: «Progetto usato a fini privatistici»

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Ferrara Il conto penale si era chiuso nel 2018 con una condanna definitiva a cinque anni per peculato. Ora per l’ingegner Arrigo Bellinazzo, ex direttore di Area spa (poi diventata Clara) è arrivato anche il sigillo definitivo sul risarcimento da pagare alla società per il caso Area-Riusa: la Corte dei Conti Centrale d’Appello lo ha condannato a rifondere 705mila euro tra danni patrimoniali (470mila euro) e d’immagine (235mila euro), rigettando il ricorso con cui Bellinazzo chiedeva l’annullamento della sentenza della sezione regionale del dicembre 2020.La vicenda è quella di Area-Riusa, nata come un progetto innovativo (con tanto di conferenza stampa di presentazione) per trasformare i rifiuti plastici in mattoncini da impiegare come sottofondo stradale, e finita in una catastrofe giudiziaria che, oltre a Bellinazzo, travolse anche tecnici, progettisti e alti dirigenti della Provincia. L’accusa era quella di aver utilizzato un milione di fondi pubblici di Area spa (società partecipata da 17 Comuni della Provincia di Ferrara) al fine di trarne un vantaggio personale e degli altri soci. In sintesi, Area pagava e loro guadagnavano. Tutto ruotava attorno al brevetto per realizzare i mattoncini riciclando la plastica. Un progetto che rientrava perfettamente nelle finalità pubbliche di Area spa, e che venne regolato "ufficialmente" con un contratto di collaborazione stipulato nel febbraio del 2006. Parallelamente però, come ricordano i giudici della Corte dei Conti richiamati gli atti processuali, Bellinazzo e i progettisti concludevano un patto segreto, di cui il Consiglio di amministrazione di Area era all’oscuro, che prevedeva condizioni ben più vantaggiose per gli imputati.

Lo stesso doppio binario si era poi riproposto quando - realizzati i primi prototipi di mattoncino - per poter procedere alla posa sperimentale su un vero tratto di strada, si era resa necessaria la costituzione di una società ad hoc per la gestione autonoma della fase produttiva del progetto. Su questo punto era arrivato il via libera del Cda per realizzare una srl di cui Area doveva detenere il 51% del capitale. Invece a prendere forma nel luglio 2007 furono le società Riusa srl, (in cui Area non aveva alcuna partecipazione) e la @box srl (fondata sempre da Bellinazzo, ma insieme alla moglie) ai fini di consulenza. Tutte manovre destinate a estromettere Area dall’affare senza informare il Cda. L’operazione, secondo i giudici, provocò in totale un danno di oltre 1 milione e 100mila euro ad Area, di cui poco meno di 735mila euro di pregiudizio patrimoniale e quasi 368 mila di lesione di immagine, considerata anche la vasta eco che il caso ebbe sulla stampa.Al netto delle transazioni definite con gli altri imputati, la Corte dei Conti regionale aveva quantificato in 705mila euro il risarcimento imputabile all’ingegner Bellinazzo. Che aveva deciso di ricorrere in Appello sostenendo, tra l’altro, di essere stato «uno strumento operativo delle amministrazioni comunali che decidevano la politica imprenditoriale delle società Area spa e della controllata Area Impresa srl come se queste fossero un loro ufficio», e ancora di non essere mai stato legato da un rapporto di servizio con l’amministrazione», in quanto «strumento operativo che non poteva discostarsi dalle scelte del Cda». Di parere opposto la Corte dei Conti Centrale che, confermando la congruità del risarcimento stabilito dai giudici regionali, ha ritenuto che Bellinazzo, riusciva a porre in essere «iniziative parallele, destinate a occultare l’appropriazione del denaro solo in ragione dei poteri spettantigli e della libertà di gestione riconosciutagli, della posizione fiduciaria ricoperta e della libertà assicuratagli nella fase esecutiva delle delibere del CdA». In questo modo «è stato possibile dirottare le ingenti risorse investite dalla Società nel progetto di ricerca per il conseguimento di interessi personali e privatistici, frustrando le finalità istituzionali, che giustificavano l’investimento e che Area intendeva perseguire»