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Ferrara, assolti i due cardiologi accusati di tentata concussione

Daniele Oppo
Ferrara, assolti i due cardiologi accusati di tentata concussione

La procura aveva chiesto quattro anni per Roberto Ferrari e Gabriele Guardigli per le presunte pressioni su una dottoressa affinché rinunciasse all’incarico a tempo indeterminato. Ma per il tribunale il fatto non sussiste

04 luglio 2024
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Ferrara Il tribunale di Ferrara ha assolto «perché il fatto non sussiste» i professori Roberto Ferrari e Gabriele Guardigli, finiti a processo con l’accusa di tentata concussione nei confronto della cardiologa Chiara Carrescia, che sarebbe stata spinta a rinunciare a un’assunzione a tempo indeterminato paventando una dichiarazione di non idoneità al ruolo che avrebbe dovuto ricoprire e che le avrebbe compromesso la carriera.

Ieri pomeriggio (giovedì 4 luglio)  è arrivata la decisione dopo una mattinata intera dedicata alle arringhe della parte civile - la dottoressa Carrescia, assistita dagli avvocati Fabio Anselmo e Silvia Galeone - e degli avvocati difensori Marco Linguerri, Marcello Elia e Gianluigi Lebro. La pm Isabella Cavallari, nella precedente udienza, aveva chiesto per entrambi la condanna a quattro anni di reclusione.

«I nostri assistiti hanno sempre avuto grande fiducia nella giustizia, portando avanti, sempre a testa alta, la verità in questo lungo cammino processuale», commenta a margine dell’udienza l’avvocato Marco Linguerri. «La decisione del Tribunale di Ferrara, che ha sancito che il fatto non sussiste, ha finalmente restituito loro la dignità di cui hanno diritto e di cui io, personalmente, non ho mai dubitato».

«Vogliamo ringraziare pubblicamente gli avvocati per l’incessante sostegno e impegno profuso in questo processo», il commento di Ferrari e Guardigli.

Nessun commento invece dalla parte civile, che ieri in aula ha riproposto la registrazione del colloquio avuto dalla dottoressa Carrescia con i due professori, ex primario e suo successore di uno dei reparti d’élite dell’ospedale di Cona, e nodo centrale dell’impianto accusatorio.
Carrescia, che fu allieva di entrambi nella scuola di specializzazione, era stata selezionata per scorrimento di una vecchia graduatoria. Per la procura i due imputati tentarono di condizionarla in modo che si ritirasse e potesse essere assunto un altro cardiologo. Alla dottoressa venne mandato il telegramma per la disponibilità all’assunzione, ma dopo la sua risposta affermativa non vi fu un effettivo seguito, perché, così le venne spiegato - e così è stato spiegato anche a processo - vi era il blocco del turnover.

La difesa dei due imputati, ribadita anche nel corso dei lunghi esami, è sempre stata che la figura ricercata in quel frangente era quella di un cardiologo con la specializzazione in elettrofisiologia, che Carrescia non possedeva. Per questo venne invitata a pensarci bene prima di accettare. Ma in nessun caso vi fu in loro l’intenzione di bloccarne l’assunzione o danneggiarla.

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