A Ferrara e provincia è sempre più difficile organizzare le sagre
Spese elevate e permessi, ma c’è chi riesce ancora a tenere i prezzi bassi
Ferrara Dopo le ultime vicende che riguardano le sagre, e visto anche l’aumento dei costi delle materie prime e delle utenze oltre ai vari adempimenti burocratici con annesse spese, sono in molti a segnalare che andare a queste manifestazioni - che da decenni caratterizzano le estati ferraresi - non è più vantaggioso come lo era nell’epoca pre Covid. Le sagre hanno cercato di tagliare i costi limando sulle spese e soprattutto tagliando gli spettacoli (non tutte: ultimo esempio la Sagra della rana di Chiesanuova in calendario dal 25 al 30 luglio, che agli spettacoli non ha inteso rinunciare).
«Le spese sono troppo elevate e poi ci sono tutti i permessi che servono e i relativi costi. È un caos e più di tanto i prezzi non si possono aumentare», dice ad esempio Cesare Bergamini, presidente della Pro Loco di Madonna Boschi, che da decenni organizza la Sagra della salama da sugo, un prodotto tipico del territorio.
«Noi come Pro Civitate, che organizza la Sagra del cappelletto ferrarese a Vigarano Pieve – ci spiega invece Davide Gardenghi –, riusciamo ancora a contenere i costi. Un piatto di cappelletti al di sotto dei 10 euro, così come la grigliata di carne mista e una bottiglia di vino, Cantina Mattarelli, a 7 euro. Il tempo dirà chi ha ragione».
«È un problema reale – dicono invece dalla Pro Loco di Pontelagoscuro – e a tutto questo si aggiunge la Siae. Appena partono un paio di note sono subito 150 euro che occorre sborsare».
Stefano, che fino a due anni fa faceva parte del gruppo che organizza la Sagra della zucca, il cui stand è curato dalla Polisportiva Capitello mentre l’organizzazione è a cura di un gruppo di privati con l’appoggio dell’amministrazione comunale e della Pro Loco di Codigoro, spiega come «talvolta capita anche che non tutto sia in regola e questo causa problemi a chi invece si attiene a tutte le regole».
In pratica, una sorta di ginepraio cui probabilmente bisognerebbe mettere mano. Anche le sagre dovrebbero essere di qualità e promuovere i prodotti tipici della zona. A Ferrara e provincia vi sono le cosiddette “diciassette perle”. Abbiamo di tutto: dal pesce (anguille, cozze e vongole) alla carne (salami, salamine, cotechini e bondiole e pollame), dalla zucca al tartufo, dalle carote (anche se una sagra dedicata a questo ortaggio finora non c’è) alle patate, dagli asparagi ai piselli, dai cocomeri ai meloni, dalle fragole alle pere, alle mele, dal riso dall’aglio e allora puntare su questi prodotti e magari non su altre sagre di importazione, solo perché fanno tendenza. La qualità paga sempre e puntando su questo si diventerà certamente più competitivi. Lo scopo primario andando a una sagra è quello di sostenere la squadra di calcio, la parrocchia o associazioni varie per le proprie attività.