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Ferrara, i negozi e la caccia al personale. «Cerchiamo figure qualificate»

Ferrara, i negozi e la caccia al personale. «Cerchiamo figure qualificate»

Viaggio tra le nuove attività del centro e tra quelle più mature. Un nuovo street-food vicino al Duomo

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Ferrara Dagli esuberi in azienda alla ricerca affannosa di personale da adibire alle più svariate mansioni. Una svolta che negli ultimi anni ha messo in ginocchio imprese private e amministrazioni pubbliche, con costi giganteschi per il sistema (quasi settanta milioni di euro l’anno per una provincia che ha una popolazione comparabile con quella di Ferrara, come Macerata). La carenza di personale comporta una contrazione dei servizi offerti al cliente o all’utente e in generale un rallentamento dell’economia.

A Ferrara, ad esempio, c’è una pizzeria del centro che ha rinunciato in queste settimane alla consegna a domicilio perché non trova i portapizza, e probabilmente non è la sola a trovarsi in questa condizione. È sufficiente fare una passeggiata tra la piazza e il Castello per imbattersi nei cartelli, bianchi o colorati, che riportano numeri e indirizzi e-mail dove presentarsi per le candidature o inviare curriculum. Commesse, baristi, pizzaioli, cuochi. Ma rispetto al passato sembra che qualcosa si stia muovendo. L’incubo di non avere a disposizione tutti i dipendenti per garantire un buon servizio tormenta ancora il sonno di tanti ristoratori o negozianti, ma per qualcuno è acqua passata. Altri fanno buon viso a cattivo gioco e annunciano allargando le braccia: «Prendiamo quello che c’è, anche se ha bisogno di formazione e chiede solo un impiego temporaneo».

I nuovi bisogni. Il concorrente, a questo punto, non è più il Reddito di cittadinanza, ritenuto (non necessariamente a ragione) uno dei maggiori incentivi per produrre eserciti di “sdraiati”, interessati a lavorare solo qualche ora al giorno per racimolare l’indispensabile per l’aperitivo e disposti a cambiare lavoro con la stessa frequenza con cui ci si siede a tavola per consumare il pasto. A dettar legge, oggi, sono probabilmente altri due fattori molto condizionanti: il calo demografico e la mutazione degli stili di vita, con un diverso bilanciamento delle esigenze personali, affettive e professionali. Alessandro Martone ha portato il marchio delle pizzerie “Da Michele” a Ferrara e non nasconde che «trovare le persone, pizzaioli e camerieri, è stato ed è tuttora complicato». Spiega, il ristoratore, che il locale propone «la pizza napoletana tradizionale, che risale all’800 come il nostro marchio, e si distingue per le sue particolari modalità di preparazione oltre ad avere il cornicione basso (la “ruota da campo”). Quella col cornicione alto - precisa – è sempre napoletana, ma è contemporanea e ha sì una storia, ma più breve dell’altra. Ho tenuto in prova diversi pizzaioli in questi mesi, ma non avevano la preparazione adeguata. Ora sono costretto a chiamare personale dalla Campania con tutti i problemi in più che questo comporta. Purtroppo a Ferrara fatico a trovare le figure che abbiamo richiesto».

Per il servizio di sala «si presentano molti studenti, ma poi devono tornare a seguire i corsi e non sono qualificati», aggiunge. Martone decide di allargare il campo: Ferrara è un posto tranquillo, dove la vita costa meno che altrove, ha un centro storico bellissimo e tanti locali. «Qui - argomenta - si organizzano tanti eventi, ora si vuol portare la gente anche fuori dal centro. Va bene, ma allora dico: perché non si dà la possibilità anche a chi lavora in centro di potersi inserire a turno nelle rassegne gastronomiche, della Darsena ad esempio? E poi perché il Buskers Festival non ci ha chiesto se volevamo contribuire in qualche modo a mantenere la manifestazione nelle strade più centrali della città?». Il suo intervento sul festival va ad arricchire un elenco già straripante di contributi e commenti sull’ultima edizione (e versione) della manifestazione.

Soluzioni stabili. A poche decine di metri sta per accogliere i clienti “Fraschetta”, in via Adelardi, che raddoppia il ristorante di via Carlo Mayr. «Apriremo verso metà settembre – annuncia Giovanni Turco, uno dei soci del locale – Il personale? Lo stiamo cercando e le candidature per l’attività in allestimento arrivano. Sarà uno street food che si ispira alla cucina romana (saccoccia, maritozzo salato, supplì, formaggi del Lazio, salumi). Ci chiamano molti giovani che cercano un impiego temporaneo e mettono i paletti sul sabato e sulla domenica. Noi cerchiamo soluzioni più stabili, ma ce la faremo».

“Pizzium”, che ha aperto al pubblico il 30 aprile, ha trovato un equilibrio che al momento soddisfa quasi tutte le esigenze in sala e in cucina: «Stiamo cercando un cameriere e i colloqui sono in corso – spiega Wassim Dalaty, al timone del locale di corso Martiri – No, non abbiamo avuto problemi particolari a reperire le figure da immettere in organico. Abbiamo molti dipendenti giovani e siamo contenti di come è andata fino ad ora».

Il profilo giusto. Forse rispetto al passato il gap si è un po’ ridotto, ma fra domanda e offerta la divaricazione è ancora evidente. Soprattutto se si cercano figure già formate ed esperte. In piazza Trento Trieste da 2-3 mesi sulla vetrina di “Just in case” (cover per cellulari) campeggia il volantino a cui è delegato il compito di convogliare le candidature per un posto da commesso/a. «Evidentemente il profilo di chi si è reso disponibile non è quello giusto», la considerazione di Giorgia, in negozio da sei mesi. Anche Silvia, dietro al bancone di Clarks, racconta che il cartello in vetrina c’è da un mese o poco più. «Cerchiamo una commessa esperta - conferma - il più delle volte si presentano persone da formare». Anche Daniela, che accoglie i clienti sotto l’insegna “Il Re”, in via Mazzini, aspetta una collega: «Le domande di assunzione arrivano - risponde - C’è una selezione in corso e una persona in prova».  

Gioele Caccia

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