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Polemica nel commercio

Ferrara, no al food limitato a soli dieci giorni. «La Darsena, che funziona, morirebbe»

Ferrara, no al food limitato a soli dieci giorni. «La Darsena, che funziona, morirebbe»

L’organizzatore e Confesercenti: «Clienti da fuori, non solo dal centro. Lo proveremo»

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Ferrara No a riduzioni degli eventi food in Darsena, «portarli a soli dieci giorni come vorrebbero Ascom e i ristoratori che protestano, equivale a far lievitare i costi a livelli insostenibili per i partecipanti, e quindi sopprimerli» dice l’organizzatore Stefano Zobbi; mentre per Confesercenti, l’associazione da sempre al suo fianco ora anche con una raccolta firme tra operatori pro-Darsena, «se un evento ha dimostrato di funzionare, la strada non è quella di combatterlo, ma semmai di creare alternative per chi se ne dice danneggiato, cioè gli esercenti del centro». Entrambi i “difensori” degli street food estivi in Darsena, peraltro, si dicono convinti di poter dimostrare che portano nuovi clienti da fuori città e provincia, pensando già a qualche forma di misurazione dei flussi extraferraresi, «anche attraverso i codici di avviamento postale dei clienti». Il tutto in attesa delle mosse del sindaco Alan Fabbri.

L’artefice Zobbi, organizzatore con la sua Dodici eventi non solo delle tre settimane sul lungofiume ma anche del successivo Wondergulp all’Acquedotto («è andata bene, non benissimo, ed è vero che nel weekend c’erano altri eventi food»), non era presente al tavolo in Comune, mercoledì, ma non è per nulla in sintonia con quanto ha letto delle loro dichiarazioni. «Posso essere d’accordo sulla concertazione, per evitare sovrapposizione di eventi, ma proprio non capisco perché si voglia limitare il mio lavoro: io non entro nel merito degli orari dei locali del centro. La questione dei dieci giorni non esiste, significherebbe - è il suo calcolo - raddoppiare, o peggio, i costi fissi a carico dei ristoratori che a quel punto non potrebbero più aderire. Al contrario, si dovrebbe semmai allungare il periodo con meno postazioni, in modo da aumentare il numero di esercizi in rotazione consentendo, però, il giorno di riposo».

Sulla questione della messa a bando pubblico delle iniziative in Darsena, gli organizzatori avevano già fatto sapere di considerarla ingiusta, per il fatto che si tratta di un’iniziativa privata («contributi o agevolazioni comunali per abbattere i costi? Spetta al sindaco pronunciarsi»), e comunque alle spalle ha un importante avviamento.

Per Zobbi il problema del calo degli incassi in centro storico non è causato dalla Darsena, «vi sono locali come il Messisbugo che hanno sofferto, mentre Seven che è lì vicino è contento e ha partecipato all’evento. I numeri parlano chiaro, cinquemila persone a sera non le fai se ti limiti a portare lì i clienti del centro storico e posso assicurare che abbiamo ricevuto richieste da Modena, Reggio, Padova, Bologna: stiamo pensando a come fare per fornirne le prove, visto che vorremmo riproporci anche l’anno prossimo».

L’associazione Al tavolo c’erano invece i rappresentanti di Confesercenti, che hanno fatto sapere di essere arrivati «ad un centinaio di firme spontanee (contro le 50, ma a “salire” dei ribelli) di attività, non solo esercenti ma anche indotto, favorevoli a proseguire l’esperienza in Darsena. Non è però una questione di chi può dimostrare una firma in più o in meno, e nemmeno di contrapporre street food e attività in centro: bisogna ragionare sull’intero comparto, per tutto il territorio» è la premessa del presidente Nicola Scolamacchia.

Anche qui un punto di possibile accordo è sul tavolo per calendarizzare gli eventi, «ha senso farlo, siamo dell’idea che per gli esercenti siano più dannosi quelli del weekend, concentrati sulle date “pregiate”». Sulla Darsena, invece, la quadra non sembra proprio esserci. Confesercenti già anni fa aveva presentato un progetto per dotare l’area di strutture di ristorazione ed esercizi pubblici, «è questa la vocazione dei lungofiume, sul modello di Lisbona, Barcellona, degli stessi progetti per i Navigli di Milano. Lì non ha senso metterci negozi, e un passeggio bisogna garantirlo, almeno da marzo a novembre».

Il motivo per il quale l’associazione sostiene Zobbi, però, è anche che «i suoi pub e ristoranti sono tutti ferraresi, a differenza di quelli visti in diverse altre iniziative (il Mercato Europeo, ma anche l’Ariostea) che vengono da fuori, spesso da circuiti ambulanti nazionali. Quindi il giro d’affari è territoriale, e non abbiamo dubbi che aggiunga qualcosa a quello generato dalle attività a posto fisso: non siamo in grado di quantificare, al momento, ma non si tratta d’incrementi in singola cifra». Uno studio specifico, ad occhio, non mancherà di essere proposto.

Niente limiti alla durata dell’evento, quindi, semmai «ragioniamo su come si può rendere attrattivo, in quel periodo, anche il centro storico, il cui rischio desertificazione è sempre stata la nostra preoccupazione: più per il trend dei negozi, a dir la verità, che degli esercizi pubblici» conclude Scolamacchia.

La mediazione del Comune è tutta in salita. l

Stefano Ciervo

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