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Ferrara, uccise la madre con il tè avvelenato: dichiarata seminferma

Daniele Oppo
Ferrara, uccise la madre con il tè avvelenato: dichiarata seminferma

Omicidio di via Ortigara. La perizia psichiatrica riscontra un vizio parziale di mente: «Scivolamento psicotico dopo la morte del padre e dei nonni». Ultima udienza il 24 ottobre

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Ferrara Vizio parziale di mente. Secondo la psichiatra Michele Casoria, che ha eseguito la perizia richiesta dalla Corte d’assise, Sara Corcione (40 anni) aveva una riduzione parziale della capacità di intendere e di volere quando il 27 luglio del 2022 uccise la madre Sonia Diolaiti (64 anni), avvelenandola nel suo appartamento di via Ortigara con del te contaminato da nitrito di sodio acquistato un anno prima.

Corcione, ha spiegato ieri la psichiatra forense, soffre di un «disturbo della personalità di classe A cono caratteristiche schizo-paranoidi». L’imputata, accusata di omicidio volontario pluriaggravato e premeditato, presenta un quadro di «alterazione cognitivo-ideativa», che in sostanza l’ha accompagnata per tutta la sua difficile vita, con «riverbero sul piano delle relazioni interpersonali». Da quanto ricostruito da Casoria nel corso di tre colloqui e con l’esame delle cartelle cliniche e delle consulenze effettuate da procura (pm Ombretta Volta), parte civile (i fratelli della vittima, assistiti dagli avvocati Fabio Anselmo e Silvia Galeone) e difesa (avvocati Antonio Cappuccio e Tiziana Zambelli), in Corcione «l’idea della morte è presente fin dalla prima infanzia, con fantasie e prospettazioni, e il pensiero a sostanza da somministrare per provocarsi e provocare la morte». Un pensiero «radicato nello sviluppo della personalità», che per anni «è rimasto sullo sfondo» fino a quando le cose non sono precipitate «con la morte del padre e dei nonni» quando quel pensiero «è andato ricostruendosi con l’idea di emergenza e necessità». Qui il suo rapporto vissuto in maniera molto conflittuale con la madre «parassita la sua psiche» e inizia così la «quotidiana ricerca su internet di informazioni su suicidi, sulle sostanze e costruisce un mondo intorno a questo». Non solo, perché «parallelamente coltiva la fantasia di salvezza», come quella «di essere presa in carico da una equipe in cui ci sarà qualcuno che si innamorerà di lei».

Corcione, nell’ideare e anche poi nel ripensare al delitto compiuto, «non si rappresenta in alcun modo di essere arrestata o di dover affrontare il processo». Anzi, nella sua fantasia si aspettava che sarebbe stato un generale dei carabinieri ad aprire la sua porta di casa.

Il suo, però, non è un delirio, bensì «uno scivolamento psicotico», che possiamo tradurre come un peggioramento della propria condizione psichica all’interno di un funzionamento cognitivo patologico, che restringe ancora di più le opzioni che si rappresenta per potersi “liberare” dal suo stato di oppressione. «Nel momento in cui la si confronta – ha spiegato la psichiatra, in riferimento a casi in cui le sono state prospettate azioni e alternative per avere una vita più autonoma – lei non riesce a vedersi in un’altra dimensione», che si è ristretta ancora di più quando «è rimasta senza l’ancoraggio alla realtà che erano il padre e i nonni, che rappresentavano una sorta di protezione verso questa madre vissuta come soggetto persecutore». Questo spiega anche il perché della premeditazione del delitto, rientrate in questo processo di scivolamento.

Per Casoria, vista la sua situazione, la donna è ancora socialmente pericolosa e bisognosa di cure più sistematiche rispetto a quelle attuali, pur con il riconoscimento di un buon lavoro fatto all’interno del carcere femminile di Bologna.

Le conclusioni della perita, che comportano che Corcione rimanga imputabile ma che la pena debba essere ridotta in funzione della riduzione della capacità di intendere e di volere riscontrata, non hanno trovato l’accordo del consulente di parte civile Paolo Verri, mentre sono state sostenute da quello della difesa, Michele Pavanati dell’Ausl di Ferrara, che con la sua consulenza critica rispetto a quella della procura (effettuata dallo psichiatra Luciano Finotti) ha di fatto aperto la strada per la perizia disposta dall’assise.

Il processo è stato aggiornato al 24 ottobre per la discussione e la sentenza.

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