I pazienti e il medico di base: a Ferrara va forte il dottor WhatsApp
In ambulatorio l’urgenza, rare le visite a casa. E uso dei social
Ferrara Dal vecchio medico condotto al dottor WhatsApp. Negli ultimi decenni, ma soprattutto dal Covid in poi, il rapporto del paziente col medico di medicina generale ha subìto una sterzata che non raccoglie un giudizio unanime, ma per alcuni aspetti è apprezzata da molti assistiti. La sala d’attesa piena di pazienti che entrano alla spicciolata, senza appuntamento, è una scena che appartiene ad un passato sempre più lontano. Come la visita a domicilio, assolutamente non garantita, a detta dell’utenza.
Di nuovo c’è la visita che viene fissata con appuntamento, in qualche caso a distanza di giorni, e un rapporto che da telefonico, per le prescrizioni ripetitive ad esempio, è diventato oggi molto più social. Fino al punto da suscitare l’insofferenza di una parte della categoria, in particolare rispetto ad una delle modalità del contatto: il messaggio audio. «Lungo e dispersivo, uno spreco di tempo», è il commento di molti medici di famiglia che alla voce umana preferiscono una più impersonale e più stringata e-mail o il messaggio WhatsApp. Per molti cittadini assistiti dal medico di famiglia, proprio il “dottor” WhatsApp, il social attraverso cui oggi molti medici di base e Medicine di gruppo recepiscono le richieste per le prescrizioni periodiche, e non solo («Se ho mal di gola faccio tutto al telefono», diceva ieri una cittadina residente a Ferrara), ha migliorato il servizio «perché evita di dover raggiungere l’ambulatorio per una prestazione che non richiede una visita».
Ieri nella sala d’aspetto del Cau della Cittadella San Rocco, in città, erano presenti alcuni pazienti. Che promuovono il Cau ma anche il rapporto via mail o WhatsApp col proprio medico di famiglia. Quando si passa però all’uso dell’ambulatorio i giudizi risultano meno compatti e unanimi.
Un lettore segnala un caso che riguarda la mamma e racconta al giornale che «il suo medico di base, che dovrebbe esaminare un referto, le ha dato appuntamento dopo dieci giorni. E se gli esami richiedessero una terapia da somministrare con urgenza?». Proprio l’urgenza, a sentire i pazienti, rappresenta la linea di demarcazione fra l’accesso veloce in ambulatorio e quello differito, 2-3 giorni o anche più. Dopo la pandemia i flussi hanno iniziato ad essere regolati e contingentati un po’ dappertutto (anche in conseguenza degli aumentati carichi della categoria, oggi alle prese con un massimale di 1.800 assistiti) proprio sulla base dell’urgenza della richiesta. Chiara, paziente del Cau, spiega che «il mio medico di famiglia è molto disponibile, se ho bisogno mi riceve». Lei per contattarlo usa un’app. Donatella concorda, «se non può rispondere subito mi richiama», come Bruno: «Quando sto poco bene risponde sempre». Bruno però si lamenta dei tempi di attesa: «Fra pochi giorni avrò una visita dal cardiologo. L’ho prenotata sei mesi fa». Silvia ha da raccontare un episodio di cui quasi nessuno degli altri utenti Cau è testimone da tempo: «Il mio medico è anche venuto a casa dei miei a visitarli». Ma c’è anche un’altra signora a fare il controcanto: «Sì, il mio mi riceve...ma di solito quando brontolo». Roberto, sempre in attesa al Cau, racconta che «se il problema non è urgente l’appuntamento può arrivare entro 2-3 giorni, magari fissando una data compatibile con le esigenze di lavoro». Ma senza l’urgenza per Liviana l’attesa si può prolungare «fino a 8-10 giorni». Una sorta di visita programmata, come quelle del Cup. Roberta, da Gallo, elogia il suo medico: «Stavo poco bene e mi ha inserito in lista in giornata, tra un paziente e l’altro». Sulla disponibilità del professionista in caso di urgenza concordano anche Fausto, Micaela, Daniela e Monica. Isabella esprime le sue perplessità sull’assenza dei medici di famiglia nei prefestivi e sottolinea che «oggi quasi nessuno viene a visitarti a casa». Lo conferma Carla: «Questo no, non lo fanno più». l
Gioele Caccia
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