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L'inchiesta

Acciaio cinese non dichiarato Ravani, a Ferrara sequestro milionario

Acciaio cinese non dichiarato Ravani, a Ferrara sequestro milionario

Dumping sull’import, Guardia di finanza nella sede aziendale

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Ferrara Un grosso guaio quello in cui sembra essersi cacciata Ravani Acciai, che a marzo aveva chiesto il concordato preventivo e che oggi, insieme a un’azienda di Varese, è oggetto di un’indagine della Guardia di finanza di Ferrara per una presunta frode doganale che ha portato al sequestro preventivo di circa 2,4 milioni di euro.

Secondo quanto prospettano gli inquirenti, la Ravani avrebbe importato dalla Cina della bobine di acciaio inossidabile, ma avrebbe dichiarato alla Dogana che provenivano dalla Corea del Sud, beneficiando così dell’esenzione dal pagamento dei tributi doganali, prevista per la merce originaria dalla Corea del Sud, in luogo del tributo che grava su quelle provenienti dalla Cina (il cosiddetto dazio anti dumping), ottenendo così un illecito risparmio di circa 2,4 milioni di euro. Una parte di questa cifra è addebitata all’azienda varesotta, che avrebbe acquistato diverse partite di “acciaio cinese” dalla Ravani, consapevole della provenienza, a prezzi molto inferiori rispetto a quelli di mercato. A essa sono stati sequestrati circa 300mila euro dei 2,4 milioni complessivi.

Con questo tipo di pratiche (chiamate di dumping), vietate a livello di Unione Europea, si introducono nel mercato unico merci a prezzi molto inferiori rispetto a quelli di mercato, perché solitamente vengono prodotte con costi più bassi dovuti al minor costo del lavoro o al massiccio intervento degli Stati extra Ue nel sostegno a tali produzioni. Per arginare il fenomeno a livello comunitario vengono applicati dei dazi in modo da rendere equilibrare il costo o scoraggiare l’acquisto da alcuni attori del mercato. In questo caso sembra essere stato raggirato questo meccanismo.

I sequestri sono stati richiesti dallo European Pubblic Prosecutor’s Office (Eppo) di Bologna e disposti dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Ferrara, sulla base delle indagini del Nucleo di polizia economico finanziaria delle fiamme gialle estensi.

Le investigazioni, nate per un controllo fiscale e poi sviluppate attraverso l’analisi di documentazione sottoposta a sequestro nel corso di perquisizioni (eseguite in diverse città italiane tra le quali, oltre a Ferrara e Varese, Milano e La Spezia) e attività di intercettazione, hanno fatto emergere, nell’ambito di oltre 110 operazioni di importazione di acciaio, la falsità delle dichiarazioni presentate all’Agenzia delle Dogane estense con riferimento all’origine del prodotto.

In particolare i tre responsabili delle imprese, che risultano indagati per i reati di contrabbando doganale e falsità ideologica, con le dichiarazioni false sull’origine delle bobine di acciaio avrebbero generato un illecito risparmio di circa 2,4 milioni di euro.

Le società coinvolte rispondono della responsabilità amministrativa da reato trattandosi di illeciti commessi dagli amministratori nell’interesse delle stesse imprese che sono risultate prive di validi presidi richiesti dalla legge proprio per prevenire la commissione di specifici reati, tra i quali il contrabbando.

In sede di esecuzione del provvedimento è stata trovata l’intera somma di quasi 2,4 milioni di euro depositata sui conti societari, che è stata sequestrata insieme ad alcune bobine di acciaio già “fermate” dai finanzieri ferraresi nel corso delle perquisizioni effettuate nei mesi scorsi, in quanto ritenute importate con la falsa documentazione. l

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