Masi Torello, licenziati con una Pec. I dipendenti: «Pugno nello stomaco»
Nessun segnale preventivo da parte dell’azienda. Lavoratori sconvolti
Masi Torello Un pugno nello stomaco, le gambe che cedono e le lacrime che non riescono a scendere. I visi bianchi e la paura di prendere il telefono per comunicarlo a mogli, figli, mariti: «Siamo stati licenziati». Perdere il lavoro è terribile. Scoprire dal giorno alla notte e senza alcun sentore di essere lasciati a casa, è un incubo. «Sono entrata a lavorare alle 8, in un normalissimo lunedì mattina come tanti altri – racconta Genny Pizzo - Alle 9.10 sono passati gli Rsu nei reparti e ci hanno detto che dovevamo uscire perché avevano una notizia molto brutta da darci, così hanno spiegato della pec. Nessuno dell’azienda ha mai comunicato niente. Sì, sapevamo che c’era meno lavoro ma mai avremmo immaginato che potessero arrivare a chiudere così, di punto in bianco l’azienda. Cassa integrazione, ammortizzatori sociali…qualsiasi cosa. Invece è stato un fulmine e ciel sereno». Il via vai davanti al piazzale è continuo.
«Qui dentro lavoriamo sia io che mio marito - va avanti Jennifer Pavani -, e nella nostra stessa situazione ci sono altre quattro famiglie. A breve saremo tutti a casa, senza nessun preavviso, senza darci la possibilità di iniziare a pensare ad un futuro diverso. È duro e doloroso prendere coscienza del fatto che per loro siamo macchine, non persone. E che come tali veniamo trattate. Vedremo mercoledì (domani, ndr) cosa ci diranno anche se in realtà c’è poco da aggiungere».
«Un licenziamento di massa arrivato via pec - le parole di Davide Malagò - Ci hanno detto che tutta la nostra produzione va trasferita in India, in Cina: lo hanno fatto allo stesso modo con cui si comunica ad un amico che si va in vacanza». «Non sapevamo nemmeno di essere in crisi fino a questo punto - aggiunge Susanna Turola - Non ci hanno mai dato motivo: venivano fatte riunioni con scadenza mensile, sottolineando anche la validità del nostro lavoro con numeri che li lasciavano soddisfatti».
«Se ne vanno in Cina o in India perché lì tutto costa molto meno e la comunicazione è stata spietata, senza pensare per noi a nessun tipo di ammortizzatore. Tutti licenziati, in un’unica soluzione - aggiunge Daniele Occhi -. Io ho 600 euro di mutuo e lavoro solo io. Come farò non lo so davvero». «A casa ci andremo tutti, ad ogni livello. Deve essere chiaro: lo stabilimento chiude definitivamente e per Masi come per tutta la provincia di Ferrara la perdita sarà enorme. Non possiamo restare soli, il presidio continua, invitiamo tutti a partecipare - l’appello di una delle dipendenti - Devo telefonare a casa, dirlo almeno ai miei genitori prima che vengano a saperlo da altri. Non ho nemmeno la forza di piangere, la testa è confusa, mi sento pietrificata. Non so cosa fare. ..». Davanti all’ingresso il presidio va avanti da ieri e continuerà a oltranza.