Il dovere di fare domande
Il saluto del nuovo direttore di Gazzetta di Reggio, Gazzetta di Modena e La Nuova Ferrara
Basta una parola sbagliata per rovinare tutto: è la frase che ripetiamo più spesso quando tutti i giorni incontriamo i tanti giovani delle scuole che con noi si aprono al mondo per raccontare la loro idea di città. È questa immagine che descrive al meglio la responsabilità che ogni giorno ci accompagna e che avverto nell’iniziare il mio viaggio alla direzione dei tre quotidiani emiliani del gruppo SAE: Gazzetta di Modena, Gazzetta di Reggio, La Nuova Ferrara. Lo faccio con entusiasmo e profondo rispetto, per una famiglia - perché Gazzetta per me è una seconda casa - che mi ha accolto ormai 27 anni fa, prima da collaboratore, poi da redattore con vari incarichi fino ad oggi. Ho accanto una squadra di colleghi (redattori, collaboratori, fotografi, poligrafici) che sono la forza del successo dei nostri quotidiani nei territori che raccontiamo. Se sono qui è merito loro.
Li ringrazio per l’accoglienza in questo nuovo ruolo e per l’impegno che da anni tutti i giorni condividiamo nell’affrontare le sfide che il mestiere ci mette davanti: redazioni vivaci, preparate, che hanno a cuore ciò che leggete. Ringrazio chi mi ha preceduto, Cristiano Meoni, che ha subito capito di che pasta sono fatti gli emiliani: attaccati alla loro terra, aperti al confronto, grandi lavoratori, pratici e dinamici, disposti a giocare in squadra. Ringrazio l’editore per la fiducia dimostratami nell’affidarmi questo nuovo incarico, ricordandomi un insegnamento che può sembrare banale ma troppo spesso oggi rischia di essere dimenticato: il giornale va fatto per i cittadini, nostro vero e unico punto di riferimento, una comunità di lettori che tutti i giorni ci premia. Antonio Mascolo, storico direttore senza il quale non sarei qui ora, nel suo ufficio alla vecchia Gazzetta aveva affisso queste parole: “Le notizie? Quelle che non vogliono far sapere, tutto il resto sono pubbliche relazioni”. Il giornalista ha il privilegio di raccontare e il dovere di fare domande. Non per se stesso, ma appunto, per quel bene pubblico da preservare che è la democrazia. Continueremo a farlo, con l’obiettivo di sempre: essere un punto di riferimento per il territorio. Per riuscirci dovremo essere all’altezza delle nostre comunità e dei valori che queste esprimono. Siamo terra di impegno civico, che non si sottrae al bene comune. Siamo terra di volontariato, che può contare su un terzo settore come vera risorsa. Siamo terra di imprenditori, che con coraggio rappresentano un’opportunità per chi vive qui. Siamo terra di cultura, di cui tutti oggi sentiamo il bisogno. Siamo terra che sa indignarsi e continueremo a farlo di fronte a chi metterà in dubbio i valori delle parole che più di tutti ci rappresentano, quelle contenute nella nostra Costituzione.
L’orizzonte al quale puntare è il rapporto franco, diretto, leale, trasparente con le persone. La società ha mutato i mezzi (dalla carta all’intelligenza artificiale), usa oggi con particolare frequenza parole come resilienza e rigenerazione, ma non può cambiare anima. E l’anima è, appunto, nelle persone. Dignità e rispetto sono il denominatore comune. Lo dobbiamo ai giovani: tutti i giorni siamo nelle scuole perché siamo convinti che un giornale abbia il dovere prima di tutto di ascoltare. Lo dobbiamo alle famiglie: i problemi che la società ci pone sono soprattutto legati alla casa e al lavoro. Le abitazioni, quando ci sono, non sono alla portata di tutti; la crisi economica l’abbiamo raccontata ampiamente anche negli ultimi giorni con esempi lampanti sul nostro territorio. Lo dobbiamo agli anziani: è una fetta di popolazione che cresce, così come cresce la loro fragilità se vengono a mancare i servizi. E un giornale può servire anche a far sentire le persone meno sole.
Tutto questo lo racconteremo attraverso l’attualità e attraverso le storie, chiamando ogni cosa col proprio nome. Lo faremo sulla carta, dando sempre più spazio alla cronaca locale, per raggiungere tutti grazie anche alla sinergia con gli edicolanti senza i quali non esisteremmo. Lo faremo sul digitale, con prodotti editoriali all’altezza delle nuove tecnologie. Lo faremo coinvolgendovi in eventi e appuntamenti che già da diversi mesi ci contraddistinguono. Penso a “Invivavoce” e al lavoro che ci ha contraddistinto sulla violenza di genere. Laddove c’è un bisogno, una richiesta, una emergenza e certamente anche una buona notizia, il giornale ci deve essere, con equilibrio, giocando in modo virtuoso il suo ruolo di attore sociale nel contesto in cui opera. Noi ci siamo e ci saremo, sperando di incontrarvi sempre più numerosi sulla nostra strada. Quella del bene delle nostre province.