Portomaggiore, a processo per stalking dopo la condanna per infanticidio
Amanda Guidi accusata per l’aggressione all’ex
Portomaggiore A maggio era stata condannata a 22 anni di reclusione per aver soffocato, nel giugno del 2021, il figlio di un anno con un cuscino nel letto di casa. Il 28 gennaio Amanda Guidi comparirà di nuovo davanti al giudice per rispondere delle accuse di stalking e lesioni aggravate ai danni dell’ex fidanzato. Ieri, seconda delle tre giornate di sciopero proclamato dalle Camere Penali, si è tenuta comunque l’udienza perché l’imputata è detenuta. La donna, 31 anni, da fine luglio si trova nel carcere della Dozza proprio per l’aggressione avvenuta all’esterno di un bar di Portomaggiore, durante la quale colpì il suo ex con una sedia e una bottigliata in testa. Ieri il giudice ha ammesso le prove e la lista testi mentre l’ex compagno si è costituito parte civile con l’avvocato Gianluca Filippone. La difesa (avvocati Alessio Lambertini e Marcello Rambaldi) si è invece riservata di produrre la documentazione clinica che attesta lo stato di vulnerabilità psicologica della donna, come era emerso anche durante il processo per infanticidio che aveva delineato un disturbo della personalità di tipo borderline.
Proprio durante la permanenza in una comunità di recupero di Portomaggiore la donna aveva conosciuto l’uomo con cui aveva intrecciato una relazione, e che, secondo l’accusa, dopo la rottura aveva poi iniziato a perseguitare, forse perché aveva anche smesso di darle del denaro. Per mesi lo aveva preso di mira con pedinamenti e telefonate minacciose dove non mancava di avvertirlo che dopo i 22 anni presi per infanticidio non le importava di ricevere un’altra condanna.
A giugno la situazione era precipitata. Insieme al suo attuale compagno, il 60enne Romano Maccagnani, si era presentata davanti a un bar di Portomaggiore dove era scoppiata l’ennesima lite con il suo ex, al culmine della quale la Guidi lo aveva colpito con una sedia e una bottigliata in testa, mentre l’uomo lo teneva fermo. La vittima aveva riportato traumi e ferite giudicate guaribili in 15 giorni e aveva sporto denuncia. Visto il contesto in cui erano maturati i fatti e il passato della donna, era stata disposta la custodia cautelare in carcere per entrambi gli aggressori, che a loro volta hanno respinto le accuse sostenendo di avere agito per difendersi.