Capotreno preso a pugni sulla linea per Ferrara
Ferroviere preso a calci e pugni: «Violenza gratuita e succede quotidianamente». Il racconto del fatto che risale ad agosto e ricorda l’accoltellamento di Genova
Ferrara Uscire di casa e andare al lavoro, come da trent’anni a questa parte. Vedere persone, incontrare gente, con la stessa tranquillità e il buonsenso di ogni giorno, perché con questo spirito si affronta un lavoro così. Mancano pochi anni alla pensione, tutto sembra andare nella giusta direzione. Direzione sì, perché di rotte e direttrici ne hai attraversate tante, avanti e indietro su quei binari, dove a cambiare sono solo i volti dei pendolari, e molto spesso neanche quelli. Conosci a memoria i paesaggi fuori dal finestrino, li hai visti mutare negli anni e con le stagioni, sai a menadito l’ordine delle fermate: in fondo anche questo è il tuo lavoro. Ma, un giorno come l’altro, quel viaggio potrebbe essere l’ultimo.
Genova, 4 novembre 2024, ore 13.30. Un convoglio ferroviario è partito dal capoluogo ligure e prosegue verso Busalla. A bordo c’è, naturalmente, un capotreno che svolge il suo lavoro: apre e chiude le porte, va su e giù tra i vagoni a chiedere i biglietti, assiste il macchinista. Ed è proprio durante un controllo dei titoli di viaggio che la situazione deraglia e il ferroviere viene aggredito. Sputi, percosse, colpi, quattro coltellate che sono costate 18 punti: il tutto per 1,60 euro di biglietto che un ragazzo e una ragazza si sono rifiutati di pagare. «La stessa cosa sarebbe capitata a me, solo che il mio aggressore non aveva con sé un coltello». Anche sulle linee ferroviarie che partono da Ferrara i pestaggi «sono all’ordine del giorno». A testimoniarlo un capotreno con esperienza trentennale alle spalle, come anticipato, protagonista di una triste vicenda.
È la mattina del 19 agosto di quest’anno: il treno Ravenna-Ferrara è appena partito dalla stazione romagnola con circa trenta persone a bordo. «Era una bella giornata, avevo un turno stupendo e avrei finito la giornata lavorativa alle 10.30 – racconta il ferroviere –, poi mi sono ritrovato all’ospedale di Lugo con un trauma cranio-facciale a cui è seguito, tempo dopo, l’accertamento del distacco del vitreo con tanto di operazione laser. E questo perché ho detto “Buongiorno”». Il consueto avanti e indietro dai vagoni e il capotreno si accosta a un passeggero per un saluto, «così come faccio abitualmente con tutti», quando l’uomo, «un 30enne in infradito si è scaraventato all’improvviso contro di me e ha iniziato a prendermi a calci e pugni. E io le ho prese tranquillo – spiega – perché non mi aspettavo quella reazione. Mi sono messo in protezione e un altro passeggero è arrivato in mio soccorso e ci ha separati. Dopodiché sono ricominciate le botte». Una «violenza gratuita» che neanche il capotreno riesce a spiegarsi: «Forse ha pensato che volessi chiedergli il biglietto, forse aveva dei problemi in testa e ha usato quel pretesto per sfogarsi». Per sfogarsi… perché questo succede sovente sui treni «e noi non abbiamo nulla per poterci difendere». Continua il ricordo di quella mattina d’agosto: «Mi sono toccato il labbro, ho visto del sangue e allora ho ritenuto che non fosse opportuno continuare il viaggio». Il convoglio si ferma dunque alla stazione di Alfonsine, arrivano le forze dell’ordine e il ferroviere viene trasferito all’ospedale con «gli occhi neri, una ferita interna al labbro e una al sopracciglio». Da quel momento iniziano lunghi giorni a casa per infortunio in attesa di tornare a svolgere il lavoro sui treni: «Ho fatto di recente le visite di controllo e in breve tempo dovrei tornare al mio mestiere».
Sono episodi come questi, dal pestaggio fino addirittura all’accoltellamento, che fanno luce sulle aggressioni che avvengono «quotidianamente ai danni della nostra categoria», ma che troppo spesso restano taciute, e pure impunite: «Il 30enne che mi ha attaccato è stato subito rilasciato», spiega il capotreno. I casi, mai isolati, si rincorrono e ripetono negli anni nel Ferrarese: «Una mia collega è stata presa a sputi e così ha contratto la mononucleosi – riporta il ferroviere –, un altro ha subito percosse, anche alla schiena, mentre raccoglieva il pos che gli era caduto a terra». Il più delle volte è il controllo biglietti a scatenare l’ira dei passeggeri, sempre più «giovani che fanno parte di baby gang e ritengono che loro non debbano pagare un titolo di viaggio da 2-3 euro – denota il capotreno –, poi vestono e hanno oggetti di lusso. Succede soprattutto quando sono in gruppo e si sentono il diritto di fare ciò che vogliono». Generazioni che cambiano e il ferroviere ne ha viste passare tante: «Più di tutto è venuto a mancare il senso di familiarità che si instaurava con la clientela». E le aggressioni sono il culmine di questo tracollo sociale e a margine, dopo il pestaggio di agosto, rimane ancora la «rabbia perché non ho veramente fatto nulla… tutta colpa di un “Buongiorno”».