Ferrara, tentata estorsione al Big Town: condanna a tre anni per Piccinini
Il giovane poi accompagnò Davide Buzzi nella spedizione finita in tragedia
Ferrara Tre anni di reclusione e tremila euro di pena pecuniaria. È la condanna decisa dal giudice dell’udienza preliminare Danilo Russo a carico di Lorenzo Piccinini, 22 anni, giudicato in abbreviato per l’accusa di aver concorso con Davide Buzzi alla tentata estorsione ai danni di Vito Mauro Di Gaetano, il gestore del Big Town di via Bologna, dove Buzzi è stato ucciso il 1º settembre dello scorso anno e l’imputato è rimasto gravemente ferito. La vicenda oggetto del processo è legata a quella dell’omicidio: riguarda infatti il blitz che Buzzi e Piccinini fecero proprio quella notte al Big Town, portandosi appresso anche una tanica di benzina, dopo che il 25 agosto lo stesso Buzzi aveva chiesto un pizzo di 3mila euro al barista come sorta di risarcimento per la morte del 19enne Edoardo Bovini, avvenuta per un malore fatale due settimane prima proprio davanti al locale, dopo l’assunzione di una dose di cocaina.
La pm Barbara Cavallo aveva chiesto una pena a quattro anni, cinque mesi e dieci giorni di reclusione, oltre a 10mila euro di pena pecuniaria. La difesa di Piccinini, invece, sostenuta dall’avvocato Giampaolo Remondi, aveva chiesto la derubricazione del reato in lesioni, violenza privata e minacce, facendo leva sul fatto che Piccinini non volesse e non intendesse partecipare a un’estorsione – e infatti ha sempre negato – quanto a una spedizione punitiva contro Di Gaetano. La ricostruzione di procura e parti civili – Mauro Di Gaetano e il padre Giuseppe – è quella che alla fine ha prevalso. In questo senso sono certamente stati un elemento centrale i file audio trovati nello smartphone di Buzzi, relativi a una chat con Piccinini di quel 1º settembre, in cui il primo – che si autodefiniva «croccante», un modo forse per descriversi esaltato per il programma violento che stava organizzando – chiariva di voler andare al Big Town per chiedere 3mila euro pena la distruzione del locale. E in quelle chat si chiariva anche l’intenzione di portarsi appresso la tanica di benzina, un elemento che Piccinini aveva definito nella conversazione «esotico», perché mai visto a Ferrara, che li avrebbe fatti entrare nella storia. Per la procura, un chiaro rimando a modalità criminali di ben altro livello. Chat fondamentali per inquadrare le vicenda nella cornice del reato di estorsione e non in altro, perché dalle registrazioni della telecamera del locale, non emerge alcun riferimento ai 3mila euro.
Il giudice ha revocato la sospensione condizionale per altre due condanne precedenti di Piccinini, che rimane in custodia in carcere. «Non possiamo dire di essere soddisfatti – dichiarano gli avvocati di parte civile Stefano Scafidi, Giulia Zerpelloni e Michele Ciaccia – se non per l’adozione di un provvedimento che riteniamo giusto. Ci siamo costituiti parte civile non per fare rivendicazioni, ma perché questa vicenda è strettamente legata alla più grave tragedia che ha portato alla morte di Davide Buzzi». E su questo versante, gli stessi legali rispondono alla lettera di chiarimenti e rettifica del procuratore capo Andrea Garau pubblicata da questo giornale i giorni scorsi sul coinvolgimento della procura nell’applicazione di una misura di sorveglianza a un uomo aggredito e minacciato da Buzzi e sulla gestione iniziale del fascicolo d’indagine sull’estorsione. «Ci sarebbe piaciuto molto di più se questi temi fossero stati trattati nella loro sede naturale, che è l’aula della Corte d’assise, dove al momento sono stati esclusi – affermano –. Ci dispiace perché sul giornale è finita la voce di una delle parti processuali su contenuti delle indagini preliminari, che riteniamo non essere un contenuto esaustivo, e questo possiamo dirlo per certo perché quello che manca nel discorso del procuratore è già a disposizione del procuratore stesso. Anche sull’indagine per estorsione, la precisazione della procura si affretta a ribadire circostanze vere ma non affronta la critica portata nell’articolo sui tempi di gestione della denuncia e sui quali il procuratore ci pare non abbia preso la parola».