Spal e Ferrara, un’anima sola
Il dietro le quinte della società biancazzurra Focus con il dg Luca Carra e il capo marketing Veronia Bon
Ferrara Il progetto Scuola 2030 ci è stato presentato come un’occasione per misurarsi con il cosmo cittadino e di provincia, scegliendo di cosa scrivere e quali avvenimenti approfondire: noi, studenti di 4A del Liceo Ariosto, non potevamo che pensare alla Spal per avvicinarci al giornalismo.
Viene facile affermare, se appassionati di calcio, che quando si pensa a Ferrara si pensa automaticamente anche alla Spal: una realtà sportiva che ha le proprie radici direttamente nella città, animata da tifosi mossi da un senso di appartenenza ai propri colori e alla propria terra che può essere paragonato a quello delle compagini più nobili del nostro calcio.
Un rapporto così stretto tra società e città viene qui articolato in due ambiti di indagine: da un lato come il club estense impatti economicamente sul territorio, dall’altro come questo territorio venga scosso dalla passione puramente sportiva.
Nel quartier generale Il centro sportivo “G. B. Fabbri” di via Copparo ha aperto i propri cancelli consentendo di confrontarci con il direttore marketing e comunicazione, Veronica Bon, e il direttore generale Luca Carra. Quest’ultimo ha completato lo scacchiere dirigenziale spallino in estate dopo aver risposto “presente” alla chiamata di Joe Tacopina quest’estate. Con loro abbiamo messo in luce aspetti che ai più sono oscuri e che magari vengono percepiti come distanti dalla realtà sportiva e cittadina.
Infatti, la Spal è una vera e propria azienda, che viaggia a ritmi elevati per andare di pari passo con la velocità del calcio. Per poterlo fare, gli estensi contano più di 170 collaboratori che si occupano di tutto ciò che mette in moto le attività, dal campo fino alla logistica. Un numero importante, che cresce o diminuisce a seconda dei risultati sportivi, che in questi ultimi dieci anni sono stati una vera e propria montagna russa. La società, con la promozione in A del 2017, ha visto un notevole incremento di tutti i piani dirigenziali, dato il maggior coinvolgimento e interesse dei media e le spese per raggiungere un modello sostenibile economicamente: le infrastrutture della Spal - a partire dal quartier generale di via Copparo - superano infatti di gran lunga gli standard della categoria in cui milita e, di conseguenza, richiedono un’attenzione degna delle squadre della massima serie. Questa cura si tramuta in ulteriori spese di mantenimento, che sono a carico della società nonostante il “Paolo Mazza” non sia di proprietà, così come la maggior parte degli stadi italiani. In Italia è molto complicato avere uno stadio di proprietà a causa della burocrazia che rallenta e, talvolta, rende impossibile la realizzazione di un progetto così ampio: altri esempi di progetti ancora non ultimati sono quelli presentati da Bologna, Roma e Fiorentina. Il Comune dà quindi in concessione alla Spal lo stadio, un aspetto che porta inevitabilmente queste due realtà a collaborare tra loro nell’organizzazione.
Bilancio sotto la lente La Spal ha raggiunto una dimensione ben più ampia di quella provinciale o regionale e non è disposta ad abbandonarla per livellarsi alle altre realtà di Serie C. Quest’ambizione va inevitabilmente a incidere sul bilancio finale, privo tuttavia delle corpose entrate dei diritti TV, che in Italia hanno un peso specifico limitato sui profitti. Basti pensare al dislivello nella distribuzione di questo denaro non solo tra le diverse categorie, come d’altronde è naturale che sia, ma anche all’interno della stessa divisione.
Da quanto appreso, se i top club di Serie A ricavano dagli 85 ai 100 milioni di euro, le realtà più piccole della massima serie attingono a cifre che si aggirano tra i 20-35 milioni: il rapporto è di 1:5 e non varia in Serie B e C, con cifre però sensibilmente minori (nella terza categoria il massimo a cui si può aspirare non raggiunge il milione di euro, con 200-300 mila euro di contributi fissi).
Si prova quindi a sopperire a questa mancanza di entrate ampliando l’area di coinvolgimento del marketing, che non punta più solo al tifoso ferrarese, ma alla creazione di un vero e proprio brand di respiro addirittura internazionale. «È evidente che il maggior cliente sul fronte del marketing è il tifoso spallino - analizza Veronica Bon - Ma ci sono situazioni che ci portano oltre i confini della città. Pensiamo, ad esempio, all’arrivo di Nainggolan che portò alla vendita di 150 maglie in pochissimo tempo o a qualche interessa che arriva da lontano. Certo, siamo ancora molto distanti dal sistema anglosassone dove l’acquisto di una maglia della squadra è un atto pressoché automatico a inizio stagione come gesto di supporto».
In tutto ciò si rintraccia l’influenza di una presidenza straniera, nella fattispecie statunitense, che prova ad apportare il proprio modello di business: infatti idealmente i ricavi dovrebbero provenire in modo equivalente dalla vendita dello stesso merchandising, dalla sponsorizzazione e dal ticketing, oltre che dai diritti televisivi.
Gli accordi di sponsorizzazione, data la categoria in cui la Spal milita, si chiudono in grandissima parte con aziende provinciali, mentre quelle di livello nazionale sono molto più rare. La società biancazzurra ha compiuto il primo passo verso un’affermazione a livello internazionale sancendo una collaborazione con il brand di abbigliamento Slam Jam, nato a Ferrara e canali di comunicazione con Stati Uniti, Giappone e Regno Unito, per il design della divisa per la stagione in corso.
Il ticketing si può dividere in due categorie: i biglietti al botteghino e gli abbonamenti annuali. I primi, logicamente, hanno subito il contraccolpo dell’allontanamento dalla massima serie, per cui è più difficile riempire lo stadio ora che la Serie A è lontana due categorie e la Spal si trova ad affrontare squadre di tutt’altra fattura rispetto ai top club italiani, vedi Milan, Inter e Juventus. Gli abbonamenti sono sicuramente diminuiti a causa delle retrocessioni, ma il numero non si è ridotto così sostanzialmente come accade a moltissime altre società: questo tutto grazie alla presenza di uno zoccolo duro di tifosi fedeli, a partire dalla Curva Ovest che non smette mai di accompagnare le gare dei biancazzurri, qualunque sia la categoria o la squadra da affrontare.
Cuore biancazzurro La città di Ferrara, infatti, vanta una piazza molto calorosa che ama la Spal e che la segue anche quando i risultati non sono in linea con le aspettative. La maggior parte dei tifosi non abbandona la squadra e annualmente rinnova l’abbonamento allo stadio.
Abbiamo intervistato tre tifosi spallini, età media 50 anni, fedelissimi della Spal fin dalla gioventù. La passione che hanno per i colori biancazzurri è stata trasmessa loro dai genitori o proprio dalla stessa città di Ferrara, che ha una forte identità collegata alla Spal. Ma quel legame, come tutti i rapporti di amore, riserva anche alcuni bassi che si manifestano nei momenti di maggior delusione: le numerose sconfitte oppure la percezione del mancato impegno dei giocatori: la tifoseria biancazzurra si è quindi fatta sentire sia fuori che dentro lo stadio. Il tutto avviene anche con l’intermediazione del cosiddetto Slo (Supporter Liaison Officer), ovvero quella persona che all’interno di una società sportiva funge da contatto tra il club e i tifosi. Nelle ultime settimane la situazione sembra essere svoltata verso il sereno a testimonianza di come le vittorie in campo alleviano anche le criticità. «Perché - come dice il dg Carra - il tifoso vuole fondamentalmente vincere. Ed è giusto che quello sia l’approccio della gente, a noi spetta un altro lavoro, ma chi va allo stadio o tifa per te ha una sola ambizione».
Le casse della Spal Oggi la società di via Copparo deve fronteggiare numerosi costi, che derivano dalle elevate spese di gestione, dai numerosi cambi in panchina, dalla girandola di figure dirigenziali e dall’ingaggio di calciatori con stipendi importanti. L’avvenimento che ha preoccupato di più i tifosi è stata la sanzione inflitta agli estensi dal Tribunale Federale Nazionale: tre punti di penalizzazione da scontare nella stagione corrente e infatti il campionato della Spal è partito con un -3 in classifica che ancora tanto pesa. Il motivo riguarda il mancato pagamento delle ritenute Irpef e Inps relative ai mesi di gennaio e febbraio entro la data di scadenza del 16 marzo 2024. Definire l’episodio “crisi finanziaria” è errato. Infatti, tutto è nato da un semplice ritardo del fabbisogno finanziario, dovuto alla provenienza del denaro dagli Stati Uniti (data la dirigenza americana), ma anche all’attenzione spasmodica delle banche italiane nell’assicurarsi della provenienza del denaro per evitare di incorrere in movimentazioni irregolari.
Si potrebbe pensare che una possibile soluzione per contenere i costi sia l’elargizione di eventuali crediti. Questi - spiegano Carra e Veronica Bon - sono prevalentemente ottenuti dalla vendita di calciatori, ma in minime quantità: non avviene un diretto passaggio di denaro tra le società, ma i soldi che vengono versati per l’acquisto dei giocatori finiscono in una camera di compensazione, controllata dalla Figc. Si tratta di un organismo che gestisce le operazioni di compensazione e garantisce la buona riuscita di tutte le transazioni. Chi partecipa a un mercato regolamentato (come quello sportivo) paga una quota di iscrizione e in cambio ne ottiene l’associazione, in modo da avere una garanzia sulla solvibilità della controparte, anche se quest’ultima dovesse fallire. La Spal ha riscosso le cifre in camera di compensazione all’inizio della stagione.
Gabriele Abu Kana
Nicolò Accorsi
Luca Perelli
Federico Roli
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