Ferrara, la verità di Mascellani sul crac: «Non sono scappato con la cassa»
L’ingegnere si difende davanti ai giudici dalle accuse di bancarotta fraudolenta
Ferrara Delle sette ore di esame fiume di ieri dell’ingegner Roberto Mascellani si potrebbero scrivere altrettanti fiumi di parole e di numeri, per descrivere passaggi di euro, operazioni finanziarie e un grosso pezzo della storia economica recente di Ferrara. Era la sua difesa, corposa e appassionata – piena anche di aneddotica e divagazioni – dalle gravi accuse di bancarotta fraudolenta delle società del suo impero, caduto dopo una serie di fallimenti. Ma alla fin fine, per chiarire la sua posizione gli sono bastate due frasi, pronunciate in un intermezzo tra le tante domande provenienti dal suo difensore, l’avvocato Gian Luigi Pieraccini, quasi buttate lì ma di sicura presa: «Non siamo di fronte a un imprenditore che è scappato con la cassa», ha detto, parlando di sé stesso e, in merito alle operazioni da milioni di euro effettuate tra le società del suo gruppo e con le quali, per la procura, avrebbe depauperato le casse: «Tutto sono meno che dei tentativi di distrazione».
Tra le accuse (impossibile qui trattarle tutte per complessità e numero), ad esempio, c’è quella di aver distratto quasi 21 milioni di euro dalla società Magazzini Darsena, nata per la costruzione del complesso Darsena City, tramite una serie di finanziamenti intragruppo, soprattutto verso la Sinteco Real Estate (Re), giudicati sproporzionati e solo in parte restituiti, spogliando così l’azienda di risorse e, in parte, a proprio esclusivo beneficio. Tra queste operazioni quella forse più eclatante è un prestito di circa 6 milioni di euro che Magazzini Darsena concesse nel 2006 a Sinteco Re per acquistare un pacchetto di 155mila azioni della Carife detenute dallo stesso Mascellani. Lo stesso imputato ha spiegato che dopo alcuni mesi, con il valore delle azioni in crescita, si decise di rivenderle a una società esterna al gruppo ma sempre sotto il suo controllo, operazione con la quale Sinteco Re avrebbe realizzato una plusvalenza di 1,3 milioni di euro. Con restituzione del prestito a Magazzini Darsena. «La preoccupazione era quella di essere assolutamente trasparenti», ha detto l’ingegnere, «era un’operazione che non poteva essere confusa con quelle tipiche del gruppo», generando un cosiddetto vantaggio compensativo alla società, ovvero un guadagno extra con l’operazione. Per l’accusa mossa dal pm Stefano Longhi, sulla base delle indagini della Guardia di Finanza, in realtà tali vantaggi non ci furono anche perché seguirono altri prestiti interni. Per Mascellani furono operazioni sganciate, «ognuna viaggiava per conto suo, non sono casse di frutta, è denaro». In quel caso era emersa la necessità di trasferire liquidità che era dentro la Magazzini Darsena alla Sinteco Srl (che era la holding), «ma mi era stato spiegato che non potevamo finanziare direttamente dal piano di sotto, che era Magazzini, alla prima società, ma dovevo passare per le società di mezzo».
Altro tema, quello del trasferimento di parte dei denari verso conti svizzeri riferibili a Mascellani. L’ingegnere ha dato una sua contro-spiegazione, ovvero che nel 2003 il gruppo cercò di costruire una rete finanziaria extra bancaria e per questo usò le sue relazioni con realtà non soltanto italiane. Così trovò l’interesse di un soggetto in parte a lui collegato e riferibile, la Gabriel Fiduciaria, una società svizzera, che accettò di finanziare il gruppo, in cambio del 45% delle quote di Sinteco Spa per 10 milioni di euro. L’operazione si fece con un preliminare e una caparra versata di 4,5 milioni di euro in quattro tranche. Il gruppo decide poi di recedere dal contratto e di restituire la caparra e pagare la penale prevista dal preliminare, ovvero 500mila euro, che finiscono - o ritornano, nella spiegazione di Mascellani – in Svizzera. Operazioni che venivano fatte in un momento storico in cui i denari giravano abbondanti – «avevamo 80-90 milioni di incassi e patrimoni netto delle società di decine di milioni di euro» – e nei quali «nessuno di noi pensava che poi ci sarebbe stato quel che è successo negli anni successivi». Ovvero il crac Lehman Brothers e la grande crisi economica scoppiata a fine 2008, che si trascinò anche l’impero Mascellani. L’ 8 gennaio il controesame del pm Longhi.