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Il caso

Ferrara, si intascava i soldi dei creditori: avvocata accusata di peculato

Daniele Oppo
Ferrara, si intascava i soldi dei creditori: avvocata accusata di peculato

Ammanchi per 370mila euro da una ventina di procedure esecutive

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Ferrara Un tenore di vita molto alto, spese per vestiti, viaggi, gioielli, prodotti tecnologici, auto e moto. Il tutto garantito intascandosi tra 2019 e 2022 i soldi delle procedure esecutive che sarebbero dovuti andare ai creditori o all’erario, secondo il piano di riparto stilato dal giudice, ma che finivano in gran parte su una sua carta di credito.

Un’avvocata ferrarese di 57 anni è imputata del reato di peculato per aver sviato poco più di 370mila euro (tenendone per sé circa 340mila) da varie procedure concorsuali nelle quali era stata delegata da un giudice del Tribunale di Ferrara a dare esecuzione ai vari piani di riparto per ripagare creditori ed Erario. Dopo la chiusura dell’indagine da parte del sostituto procuratore Ciro Alberto Savino e la richiesta di rinvio a giudizio, l’udienza davanti al giudice dell’udienza preliminare è stata fissata per il 19 marzo dell’anno prossimo. L’imputata è assistita dall’avvocato Marco Linguerri.

Nel 2023 era stato dato corso anche un sequestro preventivo di beni dell’avvocata, per congelare il suo patrimonio e che ha riguardato perlopiù beni mobili e immobili ma non somme di denaro perché, da quanto emerge, lo schema per intascare denari che non le spettavano in realtà è servito a colmare una tendenza alla spesa smodata e andata fuori controllo, nella convinzione che con il tempo i proventi della propria attività professionale sarebbero realmente cresciuti permettendole di ripianare i debiti personali e i buchi creati nelle procedure concorsuali.

La professionista non si intascava tutte le somme, ma usava un metodo abbastanza comune in schemi di questo tipo: con le liquidità di una procedura provava a pagare almeno in parte i creditori della procedura già “depredata”, per calmare chi esigeva quanto gli spettava e ancora non lo aveva ricevuto e per non ingenerare sospetti troppo forti. Una tecnica che è durata per un po’ di tempo, ma poi qualcuno ha iniziato a lamentarsi e chiedere conto al giudice della procedura, che solo a quel punto ha verificato cosa stesse accadendo, accorgendosi finalmente, a frittata ormai fatta, della presenza di una serie di anomalie nelle procedure che aveva assegnato all’avvocata, segnalando tutto alla Procura.

Da qui l’indagine delegata dal pubblico ministero alla Guardia di finanza e a un consulente, i quali hanno sequestrato e analizzato tutti i fascicoli delle procedure assegnate dal giudice e dall’avvocata, trovando per quasi una ventina di essi una grande quantità di somme sviate e dirottate sua una carta di credito collegata a un conto cointestato al marito della professionista, che riportavano come causale “rimborso spese carta di credito”. In tutto questo, il marito dell’imputata è risultato del tutto estraneo a ogni ipotesi accusatoria, a lui la compagna raccontava che quelli fossero i guadagni della sua florida attività professionale. Una grossa menzogna e una vicenda che certo non dà lustro alla professione e non fa troppo brillare nemmeno il tribunale estense.