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Ferrara, dormono al gelo nella piazza in festa: «Serve un ricovero»

Ferrara, dormono al gelo nella piazza in festa: «Serve un ricovero»

Senzatetto in centro, il nuovo appello di Domenico Bedin

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Ferrara Una persona distesa su di un giaciglio improvvisato che dorme, davanti ad un altro cartone messo lì per ospitare un altro senzatetto. In piedi, a due metri da lui, un uomo con il cappello di Babbo Natale, forse reduce dalla festa pomeridiana per i bambini. È questa la scena nella quale si sono imbattuti tantissimi ferraresi nel passeggio del sabato sera pre-natalizio, in Galleria Matteotti, lato a fianco di San Romano. Un’immagine stridente, considerato che in queste notti sotto zero se ne vedono diversi, di letti a cielo aperto, nel cuore della città degli uffici e dello shopping.

«Queste persone non le conosciamo direttamente, vi sono situazioni invece note, come i gruppetti che dormono sotto i portici di via Beretta, e altri in giro per la città - spiega Domenico Bedin, animatore di Viale K - Chi sono? Una coppia di romeni, alcuni tossicodipendenti, varie persone che per motivi vari, soprattutto burocratici, non sono accolte dal dormitorio pubblico, che pure mi risulta non sia pieno. Forse una decina sono in queste condizioni, si tratta certo di casi complicati che però non andrebbero lasciati a loro stessi». La questione non è nuova, già l’anno scorso erano spuntati i giacigli in centro, e in certi casi, vedi l’uomo che dormiva in tenda vicino al parcheggio Diamanti, l’interessamento dei vicini e l’intervento della Polizia locale ha consentito quantomeno di fornire un aiuto concreto. Non è così per tutti, però.

«C’è un filtro molto forte all’inserimento delle persone nel sistema di assistenza pubblico - torna a sottolineare Bedin -. Già è complicato segnalare le singole situazioni, gli interventi poi partono dalla richiesta alle persone di presentarsi, la mattina dopo, all’Asp per la registrazione e le pratiche: sono passaggi burocratici che tagliano fuori chi di per se è poco disponibile a farsi avvicinare. Serve qualcosa di diverso, una o più strutture, anche piccole, di pronta accoglienza in emergenza, senza troppe richieste: in altre città esistono, con una gestione pubblico-privato che sarebbe possibile anche da noi. Per questo mi chiedo se sia possibile trovarsi tutti assieme, dietro ad un tavolo, magari in Prefettura, per vedere chi può metterci cosa in un progetto di questo genere». L’idea del fondatore di Viale K è insomma di far convergere le risorse di associazioni e amministrazione per individuare una struttura “aperta”, «basterebbero due stanze e un bagno, noi da soli non ce la facciamo, non abbiamo i soldi per una cosa del genere, al massimo riusciamo a rendere disponibili 3-4 posti nel dormitorio di Villa Albertina. Potremmo però metterci magari la struttura, il Comune qualche fondo e un’altra associazione una persona in grado di essere presente». Una struttura di questo genere potrebbe porre problemi di gestione e di responsabilità all’ente pubblico, che in caso di coinvolgimento dei privati potrebbe però attenuarsi. l

Stefano Ciervo

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