Ferrara, lettere minatorie a Lodi: Arquà andrà a processo
L’ex consigliera rinviata a giudizio per minacce
Ferrara Patteggia 5 mesi e 18 giorni per simulazione di reato, e andrà a processo per minacce. Questo l’esito dell’udienza predibattimentale in cui l’ex consigliera comunale Rossella Arquà era chiamata a rispondere delle lettere anonime in cui minacciava se stessa e l’allora vicesindaco Nicola Lodi. Oggi, 23 dicembre, il giudice Giovanni Solinas ha accolto la proposta di patteggiamento per simulazione di reato per le otto missive contenenti frasi auto intimidatorie che la donna, su sua stessa ammissione, tra l’aprile e il giugno del 2021 confezionò e lasciò nella sede della Lega in via Ripagrande. Ma Arquà doveva inoltre rispondere di minacce per le parole che quelle lettere recavano anche contro Naomo, quali «Lodi preparati che farai una brutta fine» o «Caro Lodi e tu che apri la sede e ti vedo Arquà adesso il gioco diventa pesante occhio» e «Lodi sappiamo dove abiti Arquà adesso sappiamo dove abiti tu o soli o in compagnia addio per voi è finita».
La difesa dell’imputata (l’avvocato Bernardo Gentile per l’avvocato Fabio Anselmo) aveva chiesto il non luogo a procedere ritenendo che non vi fosse una minaccia effettiva e reale, e dunque un pericolo concreto, nei confronti del destinatario, e suggerendo che di quelle missive Lodi fosse a conoscenza, circostanza che l’ex vicesindaco, costituito parte civile con l’avvocato Carlo Bergamasco, ha sempre decisamente negato. Il giudice ha ritenuto dunque che gli elementi a carico di Arquà meritino un approfondimento dibattimentale, e ha rinviato a giudizio la consigliera fissando la prima udienza il 27 gennaio. Un altro punto che dovrà essere approfondito, ribatte la difesa, è la corretta tenuta del telefono cellulare della ex consigliera posto sotto sequestro dalla Digos: secondo una consulenza il dispositivo sarebbe infatti stato acceso e usato non è chiaro con quale autorizzazione e a quale scopo. Insieme al cellulare, la Digos pose sotto sequestro anche le lettere e altro materiale trovato a casa della donna nel corso di una perquisizione disposta alla luce delle immagini girate dalle telecamere piazzate dagli inquirenti in via Ripagrande. Scoperta, Rossella Arquà poi confessò, ma quella confessione – è la tesi della difesa – dovrà essere “integrata” dalle conversazioni whatsapp tra la colei che minacciava (fino ad allora fedelissima e braccio destro di Lodi) e il minacciato, e che darebbero ai fatti una lettura diversa.
Il caso aveva portato alle dimissioni della consigliera leghista, un atto che le venne fatto firmare per la strada, lungo via Spadari, con i fogli appoggiati su un cassonetto. Dimissioni che vennero poi annullate dal Consiglio di Stato, per il modo irrituale utilizzato, non rispettoso dei protocolli. Arquà nel novembre del 2022 tornò dunque a sedersi in consiglio, sempre per la Lega, partito da cui non era mai stata espulsa.
Alessandra Mura
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