Morti sospette ad Argenta, pazienti uccisi da un potente sedativo?
Prosegue l’inchiesta su morti e maltrattamenti all’ospedale Mazzolani-Vandini. L’indagato difeso ora dall’avvocato che ha fatto assolvere l’infermiera di Lugo
Argenta Attacco cardiaco, complicazioni della respirazione con possibile arresto del respiro, ma anche coaguli, perdita di memoria, sedazione prolungata. Sono alcuni degli effetti collaterali più gravi provocati dal Midazolam, il farmaco che la Procura sta cercando nei due pazienti deceduti e negli altri che sarebbero stati uccisi e maltrattati dall’infermiere dell’ospedale Mazzolani Vandini di Argenta finito a ottobre sotto indagine. Il nome del farmaco emerge solo oggi, prima si sapeva solo la sua appartenenza alla famiglia delle benzodiazepine. Si tratta, come si legge nel sito specializzato Codifa, di «un farmaco ipno-inducente a breve durata d'azione» e di un «potente agente sedativo». Può essere usato solo in ambito ospedaliero e sotto stretto controllo medico sia per la sedazione che come anestetico in combinazione con altre sostanze.
L’ipotesi è che l’infermiere – che finora si è avvalso della facoltà di non rispondere – lo abbia usato sui pazienti, provocando coscientemente la morte in almeno due casi, quelli di Antonio Rivola, 82 anni, e Floriana Veronesi, 90 anni, deceduti il 5 e il 24 settembre.
L’uso di tale farmaco è peraltro al centro di un’altra indagine relativa e dei decessi in un hospice di Lecce, e anche lì risulta indagato un infermiere. Nel caso argentano si tratta al momento solo di ipotesi tutte da dimostrare nella loro realtà fattuale. Cioè è in corso la verifica sull’esistenza dei fatti ipotizzati. Sono ancora in corso le consulenze medico-legali e tossicologiche tese a rilevare la presenza di residui del Midazolam nei pazienti coinvolti, in particolare nei loro capelli, e l’eventuale correlazione con la morte. L’emivita, ovvero la capacità del farmaco di permanere nei tessuti del corpo umano (il sangue, i capelli), non è molto lunga per cui i riscontri non sono semplici da trovare, soprattutto negli uomini che solitamente tagliano più spesso i capelli.
In ogni caso si tratterebbe del riscontro di una circostanza, non dell’intera ipotesi come ben sa l’avvocato Lorenzo Valgimigli, del foro di Ravenna, subentrato recentemente nella difesa dell’indagato. Valgimigli è un avvocato di alta caratura e, in questo caso specifico, ha acquisito una grande competenza essendo stato il difensore dell’infermiera Daniela Poggiali, a lungo descritta come “infermiera killer” di Lugo o “angelo della morte”, assolta definitivamente da ogni accusa dopo nove anni e sette gradi di giudizio. «È preso per ogni considerazione, ma confido nell’innocenza del mio assistito – le sue parole –. Vigileremo perché il ragionamento giudiziario si svolga in modo corretto e sulla base di prove giudiziarie e non di meri sospetti».